Una meditazione di mons. Camisasca sulla santità, la grandezza di Dio nella quale ci precede e ci attende

Il santo è semplicemente un uomo per il quale la cosa più ragionevole e più affascinante è seguire Dio in tutto ciò che Egli chiede. Mettersi alla Sua scuola, imparare la Sua sapienza, anche quando essa contraddice gli ideali mondani e la ricerca di una pace e di una serenità incautamente desiderate.
Inizio della santità è mettersi in ascolto di Dio che ci parla in molti modi. Per esempio, attraverso i maestri che pone sulla nostra strada. «Ascolta, Figlio, gli insegnamenti del maestro»: così inizia la Regola di san Benedetto che trae questa indicazione dai libri sapienziali dell’Antico Testamento. Tutta la sapienza di Israele si può riassumere in queste parole.
Santità è ascoltare Dio che ci parla nella Sacra Scrittura, negli scritti dei santi che alimentano la nostra meditazione, nelle parole della preghiera che la Chiesa mette quotidianamente sulle nostra labbra. Dio parla poi attraverso i sacramenti, cioè attraverso il cambiamento del nostro cuore e della nostra mente che essi operano. Infine Dio parla nelle profondità del nostro essere, nei suggerimenti che il suo Spirito dà alla nostra coscienza e prima ancora nei desideri e nelle attese che pone nella struttura stessa del nostro essere, nelle promesse di felicità e di bene che inscrive dentro il nostro cuore e nelle cose.
La santità, in sintesi, è aderire a Dio. Infatti tale parola deriva proprio dal nome con cui Dio è chiamato. Solo Dio è santo, la santità è uno dei suoi tanti nomi, coincide col suo essere, descrive la sua grandezza, la sua immensità, il fatto che Egli non può essere misurato dall’uomo, non può essere racchiuso in un’idea, un concetto, una visione puramente umana.
La santità è dunque la grandezza di Dio, il suo precederci, ma anche il suo comunicarsi a noi. In essa stanno assieme tutte e due queste esperienze: l’adorazione di fronte alla trascendenza di Dio e l’amore di fronte alla sua volontà continua di comunicarsi a noi e di raccoglierci. Nella santità vivono assieme il timore e la carità, l’infinita lontananza e l’infinita vicinanza di Dio.
Luigi Giussani, in un suo scritto, che ritengo essere quasi autobiografico, intitolato La santità come desiderio di vita, sviluppa una lunga riflessione su chi sia il santo in mezzo a noi. Per lui il santo è semplicemente un uomo vero, colui che scopre l’ideale per cui è nato e vi aderisce. In tal modo si crea nella vita un’unità sia nella coscienza sia nell’affezione.
La santità per Giussani vive nell’uomo che non cerca un proprio ideale di perfezione, ma che semplicemente e umilmente cerca di seguire Cristo. Si appoggia a lui, spera in lui «contro ogni apparenza disperante della propria pochezza».
La libertà, l’amore alla vita è la caratteristica più grande della vita dei santi. Più di ogni altro, nel santo vive la coscienza del proprio peccato, della propria nativa fragilità. L’umiltà è la caratteristica fondamentale di un uomo che segue Dio.
Il santo è veramente un uomo povero. Non ha niente di proprio. Tutto riceve dal suo Signore. Lo invoca, desidera il suo ritorno, dimentico dei propri peccati. Santità è lasciare operare l’Altro.

(Nell’immagine: Beato Angelico, Incoronazione della Vergine)

massimo camisasca

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