La storia del profeta Giona passa quasi inosservata nel quadro delle grandi narrazioni della storia di Israele e della prorompente predicazione profetica. Eppure, Giona è l’unico profeta che Gesù Cristo cita per nome, l’unico con cui si pone esplicitamente a confronto, anche se forse la sua vicenda non è mai avvenuta, almeno nei termini in cui è raccontata nel libro. Qual è dunque il posto che questo libro, di soli quattro capitoli, occupa nella Scrittura?
Una scrittrice americana ci offre uno spunto suggestivo. Immaginiamo il padre putativo di Gesù, Giuseppe, circondato da tutti i bambini del clan, dai figli dei fratelli e dei cugini con cui formavano un’unica grande famiglia. La sera si riunivano intorno all’anziano falegname per ascoltare le sue storie, tratte dalle vicende del loro popolo, Israele: il viaggio di Abramo verso la terra promessa, la liberazione dall’Egitto e gli anni nel deserto, le gesta di Davide e il tempio di Salomone, fino all’arrivo dei profeti con i loro misteriosi oracoli. Quasi sempre però i bambini chiedevano la stessa storia, la loro preferita. Non si stancavano di ascoltare e riascoltare come il profeta Giona, ribellatosi alla chiamata divina, si fosse imbarcato per terre lontane mettendo a rischio la sua vita, piuttosto che andare a predicare nell’odiata Ninive. Giuseppe raccontava con arte una storia in cui tutto appariva “grande”, fiabesco: grande è la tempesta con cui Dio minaccia la nave del fuggiasco; grande è il pesce che, uscendo dagli abissi marini, inghiottisce il profeta; grande è la città assira verso cui Giona finalmente si dirige; grande è il successo della predicazione tra i pagani; grande è la testardaggine del protagonista, che forse più di tutto il resto suscitava le risa del giovane pubblico. Però, ad essere grande nel racconto è soprattutto l’amore di Dio. Un amore grande e al contempo misterioso che tutti, da Giona ai marinai della nave e ai Niniviti, sono chiamati a sperimentare in prima persona.
Un amore grande e al contempo misterioso. È questo uno degli insegnamenti di questo breve libro: Dio è mistero d’amore. In quanto mistero, è per l’uomo impossibile esaurire le profondità divine, confinarne i disegni. Non solo Dio è mistero, ma anche tutto ciò che da Lui proviene: l’uomo stesso e l’intera creazione. Qui sta l’inizio della sapienza umana. Per aiutarci a cogliere tale verità, il racconto ha toni fortemente umoristici; infatti, se da un lato il profeta rifiuta fino alla fine di conformarsi alla chiamata divina, dall’altro persino gli animali di Ninive si convertono di fronte alla sua flebile predicazione.
Tuttavia, questo mistero si rivela mistero d’amore: la storia è condotta da una sapienza che rende possibile all’uomo di abbandonarsi pur non comprendendone immediatamente le strade. Un Dio unicamente misterioso susciterebbe paura, come dimostra la reazione dei marinai di fronte alla tempesta. Un Dio, le cui vie d’amore fossero totalmente accessibili agli uomini, porterebbe questi a valutarne l’azione secondo la loro piccola misura, come fa il profeta ribelle lungo tutto il racconto. Solo un Dio che è mistero d’amore, invece, rende comprensibile l’elezione particolare del popolo di Israele, di cui Giona è immagine: ad entrambi Egli affida una missione universale, essere al servizio delle nazioni. Dio ama così, ed è proprio di fronte a questa realtà che il profeta si scontra.
I racconti di Giuseppe intorno al fuoco lasciavano trasparire questo mistero d’amore. E le sue parole si imprimevano nella mente del figlio Gesù, nel suo cuore di bambino, che di quell’amore grande e misterioso era la rivelazione.
Nell’immagine, il profeta Giona nel ventre del pesce, raffigurato da Jacopo Ruggine (@jacoporuggine), l’illustratore che ha realizzato la grafica dello stand della Fraternità san Carlo (padiglione C4).