Andrea ha nove anni e soffre di autismo. Quest’anno ha iniziato il catechismo, iscritto alla mia classe. Il primo giorno ci ha fatto capire che non aveva decisamente voglia di passare un’ora in classe: era tutto troppo nuovo, il catechismo, i compagni, gli adulti, il luogo. Allora, con l’aiuto della sua famiglia e di don Paolo, abbiamo cominciato a scrivere sul quaderno di Andrea i passi più semplici, ma non scontati, da fare: «Andrea il martedì pomeriggio va a catechismo», «passa dalla porta verde della chiesa», «con tutti gli altri bambini ascolta don Paolo», «entra nella classe n. 2 con suor Giulia e le altre catechiste», e via dicendo. Se all’inizio Andrea non si è voluto nemmeno affacciare in classe, il martedì dopo si è fermato un quarto d’ora, e il successivo 20 minuti, poi 25… l’ultimo mese è restato per tutta l’ora!
Sono certa che Dio parla ad Andrea, al suo cuore. Ma ciò non può accadere senza gli altri. Dio parla ad Andrea attraverso gli altri bambini. Per questo è così importante insistere perché rimanga in classe, e curare con tutti il nostro stare insieme. Con i compagni è stato un crescendo inaspettato: adesso Andrea li saluta, ogni tanto si rivolge a qualcuno di loro, e quando decide che l’ora è finita ci guarda e ci dice: «Ciao, io me ne vado, non fate i balordi!».
Gli altri della classe si comportano con lui con l’atteggiamento semplice e positivo dei bambini: è così che Dio ci ha creati. Ho visto in loro l’atteggiamento positivo dell’uomo verso la realtà e l’altro. Non hanno pregiudizi e non hanno paura di Andrea, anche se si domandano perché si comporta diversamente da loro. Durante tutto l’anno gli hanno portato caramelle, gli hanno fatto domande: «Andrea vuoi seguire con noi la storia? Andrea vuoi colorare? Vuoi dire l’Ave Maria? Andrea questo disegno è per te». La maggior parte delle volte hanno ricevuto un “no” secco, ma loro non si sono mai scoraggiati e hanno continuato.
Come quando Tommaso ha portato in classe una molla verde nuova di zecca, regalo del suo compleanno appena passato. Andrea ne resta ipnotizzato e gliela chiede in prestito. Ci gioca durante la lezione, l’attorciglia tutta ed ecco, la molla non funziona più! Provo a sbrogliare il nodo e ridò la molla a Tommaso, ormai rovinata. Ero pronta al suo pianto, invece Tommaso, con un visibile sforzo, guarda Andrea e gli dice, sincero: «Non fa niente!».
La presenza di Andrea ha fatto venire fuori il meglio di noi. Un giorno ho chiesto alla classe: «Secondo voi Andrea ci ascolta?». Chiedendolo a loro, lo stavo chiedendo a me stessa. Abbiamo scoperto insieme che ci ascolta e ci segue, a modo suo. In una lezione, dopo aver parlato dell’angelo custode, abbiamo fatto costruire in classe un angelo di cartone per ciascuno, dicendo di scrivere sopra il desiderio più grande che avevano per quest’anno. Andrea il martedì dopo porta in classe un angelo con su scritto, in stampatello, AMICI.
Un anno con Andrea in classe mi ha mostrato come le strade di Dio siano veramente infinite, come Dio decida di instaurare un dialogo unico ed irripetibile con il cuore di ciascuno di noi, così come siamo. Questo dialogo è entrato nella vita di Andrea, e parte del dialogo è l’ora di catechismo.
Andrea questa cosa l’ha imparata e l’ha fatto capire una mattina, a scuola, dove era molto agitato. Non si riusciva a calmare, cercava qualcosa. Dopo un po’ la maestra ha capito: è martedì e Andrea ha dimenticato a casa il suo quaderno di catechismo per il pomeriggio. È così che la mamma ha scoperto quanto Andrea ci tenga a venire e ad usare quello che lui chiama «il quaderno dell’angelo».