Tratto dal libro «Egli canta ogni cosa» (Lindau, 2013), una meditazione sulla verginità, cioè sul vivere con gioia le cose della vita senza voler subito farle proprie.

Il labirinto della vita può portare a strane scoperte. Si può scoprire che la fedeltà è l’esperienza più corrispondente, che la donazione di sé è la strada al compimento di sé. Si può persino sperimentare che una vita di verginità, com’è il caso dei sacerdoti, è una vita affettivamente piena.
La verginità indica l’aspetto meno compreso della vita cristiana, il più sorprendente, e il più bello. Si pensa che abbia solo a che fare con un misterioso rifiuto di vivere rapporti sessuali (quello è il significato dell’altra parola più comune, castità). Invece è un atteggiamento che si può adottare di fronte a ogni cosa: al lavoro, alle persone… Vuol dire lasciar vivere. Vuol dire godere del fatto che le cose e le persone abbiano una propria vita, una propria consistenza. Vuol dire gioire di questo, senza voler subito rapirle e farle proprie.
Forse in realtà non è una scoperta così strana. Chiunque sa, in segreto, quanto sia riposante essere amati e basta. Anche chi non fa questa esperienza ne ha profonda nostalgia, e tende ad attaccarsi immediatamente a chiunque sembri amare in modo gratuito. Tutti desideriamo avere almeno un rapporto libero in cui essere noi stessi, e non dover sempre essere “come tu mi vuoi”. Ecco la verginità: amare un altro così com’è, senza tornaconto, senza possessività, senza pretese.
Il detto di Gesù: «Chi guarda un’altra donna con desiderio nel cuore ha già commesso adulterio con lei», sembra richiedere un’impossibile perfezione, ed è effettivamente una rivoluzione completa del modo solito di concepire i rapporti umani e l’istinto sessuale. Ma dare questo rispettoso valore anche alle donne e agli uomini che si vedono per strada è un atteggiamento liberante, profondamente giusto. Quando si comincia a farne esperienza, si capisce che è infinitamente meglio vivere così che altrimenti.
La verginità è un «possesso nel distacco». È l’esperienza della pienezza accessibile soltanto attraverso un sacrificio. È molto difficile parlarne direttamente. Più facile è indicare la sua realtà attraverso degli esempi.
Recentemente sono andato da un insegnante di pianoforte perchè mi aiutasse a imparare un brano di Bach che volevo eseguire da tempo, e che non riuscivo a decifrare da solo. Il maestro ha cominciato ascoltandomi suonare, poi mi ha detto: «Tu suoni cercando un sentimento, anche bello, ma devi invece lasciare che questa musica sia se stessa. Non cercare di dominarla, devi servirla. E vedrai che è molto più bella così, molto più di ogni tuo tentativo di creare sentimenti attraverso di essa».
Mi ha molto colpito. L’insegnante parlava anche del gusto che un artigiano ha per il suo lavoro: ama le cose che fa, a prescindere dal loro valore economico. Le ama per se stesse, ama farle bene. E proprio per questo amore gratuito sono oggetti pregiati, non banali.
A ben pensarci, questa dinamica è il cuore segreto di molte altre esperienze. La cucina è fatta di gusti armonici, accordi complessi fra sapori che non si sovrastano a vicenda ma che si completano. Così il vino, così un buon gelato. E per gustare il cibo, occorre trattenersi. Un grande vino non va tracannato. Si potrebbero fare altri esempi: il rapporto tra insegnanti e studenti, quello tra genitori e figli. Quando un padre ha delle pretese sui suoi figli, queste possono essere un macigno che schiaccia la loro vita. Quando un padre ama in modo gratuito, la vita del figlio può fiorire.
Capisco sempre più che è necessario che qualcuno viva questa realtà anche fino al sacrificio della castità, per rendere visibile il destino ultimo di ogni amore, che è la libertà.
jonah lynch

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