Per entrare nella vita cristiana non bastano delle parole ma bisogna guardare a dei testimoni. In questo racconto dall’Ungheria, l’incontro tra una famiglia e la realtà di Cometa.

Un giorno d’inizio estate, stavo parlando con Klàra, una ragazza che da non molto frequenta la nostra comunità, del matrimonio e della famiglia. Da qualche tempo si vede con un ragazzo non cristiano e mi faceva un sacco di domande su questi temi. Io provavo a spiegarle qual è il significato del matrimonio dal punto di vista della fede, ossia come Cristo esalta l’esperienza umana del matrimonio elevandolo a sacramento del Suo amore fedele per la Chiesa, e quali conseguenze ne derivano nella vita concreta della coppia. Parlavamo del rapporto tra famiglia e comunità, dell’educazione dei figli, e così via. Ad un certo punto, dopo un attimo di silenzio, Klàra mi dice: “Intuisco quello che stai provando a dirmi ma se penso alle famiglie che conosco qui, non me ne viene in mente una che viva secondo quello che dici tu”.
In quel momento, ho capito che non era sufficiente spiegare queste cose a parole: dovevo farle conoscere delle persone che fossero testimonianza vivente di ciò che stavo provando a comunicarle. Così, oltre ad averle suggerito di conoscere meglio alcune famiglie della comunità che potevano essere un buon esempio, mi è venuta l’idea di invitare alla vacanza estiva una delle famiglie dell’associazione Cometa di Como. Descrivere cos’è Cometa in due righe è impossibile, mi limito a dire che mi sono venuti in mente loro perché, accettando di accogliere nelle loro famiglie bambini in affido o in adozione, sono una testimonianza luminosa di come la carità che Cristo ha portato nel mondo possa diventare solida base per la costruzione di una realtà che, come dicono loro, è una città dentro la città.
Visto lo scarso preavviso, non è stato facile ottenere la loro presenza, ma alla fine Erika e Carlo si sono resi disponibili a venirci a trovare alla vacanza. Benché si siano fermati con noi solo ventiquattro ore, la loro presenza e la testimonianza semplice della quotidianità della loro famiglia, di cui fanno parte due figli naturali e tre in affido, hanno veramente toccato il cuore di tutti, in particolare delle nostre giovani famiglie. Non hanno taciuto la difficoltà che comporta accogliere altri figli insieme ai propri, ma ci hanno anche detto che quando aprono la porta ad un nuovo figlio, è a Cristo che la spalancano, è Lui che viene ad abitare in casa loro e, assieme alla croce, dona un surplus di gioia e di grazia.
Anche Klàra era con noi in vacanza. Non poteva credere che esistesse una realtà così bella come Cometa. Ciò che più l’ha colpita è che la bellezza intravista nascesse proprio da quella vertiginosa disponibilità a tenere sempre aperta la porta della propria famiglia a Gesù. A fine agosto, ho accompagnato Klàra a Como dove abbiamo rivisto Erika e Carlo che ci hanno mostrato Cometa “dal vivo”. Sulla via del ritorno, Klàra mi ha ringraziato e mi ha detto che attraverso questo incontro ha capito meglio quello che ad inizio estate avevo provato a spiegarle a parole.
Non so come proseguirà il suo cammino ma sono sicuro che nulla potrà più cancellare dalla sua memoria la bellezza che ha visto in questa giovane coppia di sposi che, giorno dopo giorno, costruiscono la loro casa sulla roccia di Cristo. Per me, è stato un dono grande averli conosciuti e sono grato di poter essere stato il tramite di questo incontro.

(Michele Baggi, sacerdote dal 2018, è in missione a Budapest. Nella foto, il coro agli esercizi spirituali della Fraternità di Cl della Mittel­europa).

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