Da Città di Castello ad Assisi, in cammino verso san Francesco. Un pellegrinaggio di sei giorni subito dopo Pasqua, nel momento in cui in Umbria cominciava a fiorire la primavera. Questa è stata sicuramente una delle esperienze più significative che ho avuto la gioia di vivere durante il secondo anno di seminario in compagnia di alcuni miei fratelli. E porterò sempre nel cuore la bellezza di quei giorni così intensi, pieni di preghiera, allegria, fatica, incontri e silenzio perché camminando insieme abbiamo contemplato il volto di un santo, domandando di potergli assomigliare.
Tutti sapevamo qualcosa di san Francesco ed eravamo affascinati da lui ancor prima di partire, ma è stato camminando con lui e dietro di lui che siamo riusciti ad entrare un po’ di più nel mistero della sua gigantesca figura. Chi è Francesco? Un grande riformatore, un santo importante, un fedele servitore della Chiesa… tutte queste risposte sono giuste, ma egli è soprattutto un uomo innamorato totalmente e unicamente di Cristo, di Gesù Crocifisso. La sua radicalità, il suo desiderio di amare solo «colui che con le sue piaghe riscattò il mondo e la nostra vita», è il punto a partire da cui poter comprendere in cosa consiste la sua scelta per la povertà così come ogni suo gesto, ogni sua parola. Francesco desiderava essere piccolo e nudo per poter essere più disponibile all’opera di Dio e più immedesimato con Cristo. Nudus nudum sequi, ci ripete spesso don Massimo: nudo, segui colui che è nudo, guarda a Gesù in croce. E guardando a Francesco, ascoltando la sua storia, lasciandoci stupire da lui abbiamo imparato ad invidiarlo, a desiderare di farci più piccoli, per lasciare che Dio realizzi la sua opera grande in noi e attraverso di noi. La povertà consiste principalmente in questo: nella disponibilità all’opera di Cristo, nel farsi piccoli per lasciare spazio a Lui.
È commovente scoprire che nel più alto momento di immedesimazione con Gesù, mentre riceveva il dono delle stimmate, Francesco pregava dicendo: «Chi sei tu, Altissimo Signore mio? E chi sono io, verme inutilissimo?». L’uomo non è proprio nulla. Ma la povertà diventa causa di ricchezza se accetta di lasciarsi riempire dall’amore di Dio, nella rinuncia a sé stessi e ai propri progetti. E allora si capisce perché Francesco invitò santa Chiara a seguirlo nell’impresa di «distruggere il delicato alabastro del suo corpo per riempire la Chiesa del profumo della sua anima». Ecco: l’edificazione della Chiesa coincide con il compimento della propria vocazione ed è l’unica cosa che Dio ci chiede, ciò che ci rende felici, l’unico modo per amare tutti i nostri fratelli uomini. La testimonianza di Francesco ha illuminato ulteriormente ciò che chiediamo di vivere ogni giorno in seminario tra noi.
Mi rendevo conto in quei giorni di essere particolarmente fortunato: chiamandomi a vivere nella Fraternità il Signore mi ha donato la strada per poter imparare giorno dopo giorno a vivere quella stessa povertà che infiammò il cuore di Francesco. Era sufficiente per me durante il pellegrinaggio alzare lo sguardo e guardarmi intorno: la strada è la mia casa; la strada è fatta dei volti e della compagnia dei miei fratelli che sono la mia famiglia. Insieme impariamo a guardare a Gesù e a camminare al suo fianco; e questo ci unisce, ci fa appartenere uno all’altro. Insieme noi vogliamo essere pellegrini sulle strade del mondo, perché la vita è pellegrinaggio.
L’interno della Basilica Superiore di Assisi (Foto Elio e Stefano Ciol).