Davanti alla Madonna venerata come l’Immacolata, una domanda si affaccia alla mente di noi uomini moderni e riguarda la sua esperienza. Che esperienza ha fatto la Madonna del rapporto con le cose, con le persone, con Dio? Ci è però possibile provare a dare una qualche risposta solo per la via della negazione, perché nessuno di noi conosce in modo diretto che cosa significhi essere senza peccato.
San Bernardo insegnava ai suoi monaci che la conoscenza del male è tale solo in apparenza, perché in realtà essa «è insipienza» (I gradi dell’umiltà e della superbia), il contrario della sapienza. Noi veneriamo l’Immacolata anche come Sede della sapienza. La sapienza di Maria ha dunque questo segreto: lei non ha mai accondisceso al male, non lo ha mai approvato né giustificato, non lo ha mai commesso. Maria ha positivamente conosciuto solo il bene. La sua comunione con Dio era perciò totale e continua, e ciò le permetteva di conoscere cose e persone a partire dalla loro verità, dalla potenzialità iscritta per loro nel disegno del Padre, a partire dalla pienezza alla quale erano destinate. La Madonna ci vede e ci guarda così anche ora, dal cielo.
Dio vuole che noi siamo abitati da Cristo, riempiti di Lui. Solo così infatti possiamo essere ciò che veramente siamo, come Dio ci ha voluti e pensati, in vista del giorno in cui Egli sarà «tutto in tutti».
Ma questo significa che nessuno come Maria ha potuto misurare, con dolore, la distanza che separa ogni persona dalla sua verità, ogni cosa dalla sua pienezza. Questa fu insieme la lucidità del suo sguardo silenzioso e la sua sofferenza. Solo nel Figlio, l’agnello senza difetto e senza macchia (1Pt 1, 19), il suo cuore riposava. E nello stesso tempo, proprio in forza della sua completa estraneità al male, la Madonna ha potuto e quasi dovuto condividere la compassione per gli uomini che aveva spinto il Verbo del Padre a diventare suo Figlio. Forse potremmo descrivere l’esperienza della verginità di Maria come una estrema vicinanza agli uomini: nessuno come lei ha potuto essere così vicina agli uomini, proprio perché nessuna complicità con il male la distanziava dalla loro persona, dalla loro intimità più vera.
Dio ci ha scelti in Cristo, scrive san Paolo, perché siamo santi e immacolati di fronte a lui nella carità (cfr. Ef 1, 4). Dio vuole che noi siamo abitati da Cristo, riempiti di Lui. Solo così infatti possiamo essere ciò che veramente siamo, come Dio ci ha voluti e pensati, in vista del giorno in cui Egli sarà tutto in tutti (1Cor 15, 28).
Maria, che ha vissuto qui tra noi e ora definitivamente vive proprio questo, che è stata abitata da Cristo non solo fisicamente ma in tutto il suo essere tutti gli istanti della sua vita (proprio perché è stata la Madre di Cristo, mente prius quam corpore, come dice sant’Agostino, è stata vergine), ha dunque per noi il significato di un paradigma e ci chiama ad imitarla. Anche noi siamo chiamati ad avvicinarci alla sua esperienza, qui in terra, per poterne godere nel cielo, quando il nostro corpo mortale sarà rivestito di immortalità (cfr. 1Cor 15, 53-54), come il suo, e saremo per sempre liberati dal male e dal peccato. Imitare Maria significa dunque concretamente per noi abbracciare coscientemente e con impegno la tensione a fuggire il male per attaccarci al bene (cfr. Rm 12, 9).
La nostra condizione è infatti propriamente quella del pericolo. «Siamo già stati ammessi alla speranza della verità e della libertà», scrive più o meno san Cipriano (Trattato sui vantaggi della pazienza), ma dobbiamo ancora «davvero arrivare alla verità e alla libertà». La nostra vita è posta nella polvere di una grande arena, ed è una gara dall’esito non scontato, una lotta ancora aperta. Siamo attaccati. Siamo nello stesso tempo lottatori e possibili prede. Ed è proprio questo conflitto che Maria vedeva in atto, guardando ad ogni persona che incontrava. È per l’esito favorevole di questa battaglia che Maria pregava e lavorava, e nello stesso tempo trepidava guardando al destino di ciascuno. Questa è la forza interiore che hanno avvertito in lei gli apostoli e, prima di loro, Giuseppe. Una forza che spinge tutti, come dilatazione materna della potenza di suo Figlio, spinge il mondo intero verso la santità.
(estratto dall’Omelia per i voti temporanei di Jennifer Anderson. Roma (Madonna del Rosario di Pompei alla Magliana), 8 dicembre 2020.