Qualche tempo fa sono entrato in prima media per la mia lezione di religione sapendo che il giorno prima era morta la nonna di un mio alunno. Non mi sembrava giusto far finta di niente e così, facendo l’appello, al suo nome mi sono fermato. Gli ho detto che mi dispiaceva e gli ho domandato come si sentisse. Ho visto che i suoi occhi si facevano lucidi. Gli ho detto: «Non avere paura, chiedi a Dio che prenda tua nonna in Paradiso». Mi ha risposto: «Ma se è andata in Paradiso, cosa sta facendo?». «Di sicuro qualcosa che le piace». È rimasto un attimo in silenzio, poi ha sorriso: «Forse sta cucinando per me». È un ragazzo bene in carne, con le guance rotonde. Ho detto: «Sicuro, in Paradiso si mangiano piatti buonissimi». Ha sorriso di nuovo. A quel punto un compagno, che non perde occasione per prenderlo in giro, è intervenuto dal fondo dell’aula: «Speriamo che almeno lì non si ingrassi…». Io sono rimasto serio: «Certo. In Paradiso si può mangiare tutto quello che si vuole e non si ingrassa mai. Perché il Paradiso è un posto stupendo, dove non manca nulla di quello che amiamo».
Una volta una ragazza, sentendomi dire queste cose, mi ha chiesto: «Ma allora lei ha voglia di andarci?». Ho risposto di sì: «Spero fra tanti anni, perché vivere mi piace tantissimo, ma ho molta voglia di andare in Paradiso. Per i primi quindici o vent’anni dormirò, e quando mi sveglierò sarò lieto, senza l’angoscia di essermi perso qualcosa. Dopo voglio salutare tutti: Gesù, Maria, san Pietro, don Bosco, madre Teresa, Giovanni Paolo II, don Giussani, i miei nonni, Hellen, Matteo, Cesare Pavese, Buzzati, Etty Hillesum, don Milani, Dostojievski… Speriamo ci siano tutti!».
Il Paradiso sarà pieno di incontri e di musica. I ragazzi mi domandano spesso come si fa ad entrarci. Io rispondo che dipende da ogni attimo, perché tutto ciò che facciamo, anche quello che sembra nascosto, è conservato per sempre nel cuore di Dio. Poi racconto in modo semplice come mi immagino il momento del giudizio. Dico che secondo me, quando moriremo, il Signore ci chiamerà e ci farà sedere davanti a Lui. Speriamo di poterlo guardare come un amico, senza vergogna. E di non dover tremare quando tirerà fuori il grande registro su cui è annotato tutto ciò che abbiamo fatto (probabilmente è sbagliato, ma io mi immagino proprio un registro come quelli di scuola…). Lui lo aprirà e ne sfoglierà le pagine. In certi punti dirà: «Bene, bene, qua sei stato molto bravo», ma in altri si farà cupo e ci guarderà severo: «Ma qui? Ma cosa hai combinato?!». Il diavolo non smetterà un attimo di sottolineare la gravità dei nostri peccati, il loro numero, il loro ripetersi ostinato. Ma alla destra di Dio ci sarà Maria, il nostro avvocato difensore. Ogni volta guarderà suo Figlio e gli dirà: «Ma no, dai, questo non contarlo…». E Lui si lascerà convincere.
Comunque penso che il Signore, a un certo punto, chiuderà il grande libro e lo metterà da parte. Mi guarderà dritto negli occhi e dirà: «Va bè, lasciamo perdere. È un disastro ma pazienza. Veniamo piuttosto alla vera questione: dimmi, don Andrea, ma tu vuoi stare con me?». Speriamo che il mio cuore sia pronto, per potergli rispondere con slancio: «Sì, Signore, voglio stare con te. Lo so che ne ho fatte di tutti i colori, ma voglio stare con te per sempre». Allora Lui dirà: «Vieni qui, piccolo disgraziato, abbracciami». E Maria sorriderà, mentre san Pietro, con le sue grandi chiavi, aprirà la porta d’oro.
Nella foto, Andrea Marinzi durante una gita con alcuni ragazzi.