“Figliolo, ma tu che tipo di uomo vuoi essere? Un uomo di cultura e basta, o un uomo che sa cosa significa essere un uomo?”. Erano gli ultimi mesi della terza media, quando il rettore, da poco subentrato nella mia scuola, mi rivolse questa domanda con cui mi invitava a valutare la possibilità di iscrivermi al liceo scientifico che si stava inaugurando nell’istituto cattolico che frequentavo. In quella domanda lanciata a mo’ di sfida e in fondo incomprensibile per un ragazzino di tredici anni, ma che mi si è indelebilmente impressa nella memoria, oggi riconosco uno degli snodi fondamentali della mia vita.
Senza quella provocazione, infatti, l’anno successivo non mi sarei ritrovato nella classe in cui, grazie a tanti compagni e a quello stesso rettore che divenne anche il mio professore di italiano, incontrai Gioventù Studentesca e il movimento di Comunione e Liberazione. L’amicizia vera con quei compagni, che prosegue tutt’oggi con tanti di loro, e la passione con cui il professore di italiano ci mostrava la pertinenza di ogni cosa con il senso della nostra vita – “dal particolare al Tutto”, come amava ripetere – diede uno spessore nuovo a quella fede a cui la mia famiglia, con grande amore, mi aveva introdotto. In quegli anni di liceo è avvenuta per me la scoperta definitiva dell’ideale di Cristo come un’ideale reale e, perciò, valido per la mia vita.
Fu però durante gli anni dell’università, mentre studiavo Architettura a Torino, nella mia città, che nell’amicizia con un sacerdote del Movimento si fece largo in me l’ipotesi concreta di donare la mia vita a Dio. Fu una domenica pomeriggio di ritorno dal monastero benedettino della Cascinazza, insieme a questo amico prete, che mentre guidavo fui attraversato dalla domanda: “E se tu, Signore, mi stessi chiedendo di darti tutta la vita?”. Fu destabilizzante riconoscere questa domanda prendere forma dentro di me, nel passaggio dalle profondità del mio cuore alla mia mente, in modo limpido.
Vidi venir meno tutti i miei indugi, i miei timori, e riconobbi la Fraternità come il luogo preparatomi da Dio per compiere la mia vita.
Seguì un periodo di discernimento per scoprire l’origine e il senso di quella domanda che si manifestava come martellante e ineludibile. Se da un lato intuivo che la mia vita poteva compiersi nel sacerdozio – guardando a tanti testimoni luminosi che avevo incontrato fino a quel momento – dall’altro cresceva in me la preoccupazione di dover affrontare una vita in solitudine, come costatavo in molti casi, che sentivo insostenibile. Di fronte a questa inquietudine, il sacerdote con cui mi confrontavo mi consigliò di sospendere il cammino di discernimento e di concentrarmi sul portare a termine l’università: “Sicuramente, se il Signore vorrà farti più suo, te lo farà capire”.
Finiti gli studi iniziai a lavorare come professore nella stessa scuola che avevo frequentato da ragazzo e a collaborare con alcuni studi di progettazione della mia città. Nonostante il lavoro mi entusiasmasse e affrontassi con grande slancio e passione le tante occasioni di collaborazione professionale che si presentavano e fossi stimolato da tanti interessi, persisteva come sottofondo costante nel mio cuore una nota irrisolta che mi faceva vivere tutto come limitato e insoddisfacente. Continuavo ad avvertire l’urgenza di intraprendere una strada radicale per la mia vita.
Nel 2014 la Fraternità di San Carlo inaugurò la nuova missione di Torino presso la parrocchia di Santa Giulia e fu mandato un giovane diacono a insegnare religione presso il liceo dove lavoravo. Con questo ragazzo, all’incirca mio coetaneo, diventammo subito amici e fu lui, prendendo sul serio le mie domande sulla Fraternità, ad invitarmi a cena e a presentarmi i suoi fratelli.
Frequentando la casa dei missionari di san Carlo, rimasi immediatamente colpito dalla dimensione di comunione fraterna che vedevo alimentare loro vita. Finalmente, nel calore accogliente di quella casa, dopo tanto attendere, vidi venir meno tutti i miei indugi, i miei timori, e riconobbi la Fraternità come il luogo preparatomi da Dio per compiere la mia vita.
Due anni dopo, nel settembre 2016 iniziavo il mio cammino di formazione nel seminario di via Boccea insieme ai fratelli che sono giunti con me all’ordinazione sacerdotale e diventati fra i più cari compagni di vita.
Che bellezza iniziare a riconoscere, guardandosi indietro, il prendere forma del magnifico disegno che Dio sta intessendo con le nostre vite, a partire da un piccolo sì, timido e stentato, che ogni giorno nel rinnovarsi della mia disponibilità viene riconfermato, accresciuto e contraccambiato di tanti doni inimmaginabili: abbandonare tutto per seguire il Maestro, è realmente il centuplo quaggiù.