Tutti hanno visto le fotografie della riva del Tejo piena di ragazzi che ascoltavano il Papa durante la Giornata Mondiale della Gioventù che si è tenuta a Lisbona dall’1 al 6 agosto 2023. Nel settore A18 c’ero anch’io, insieme ad altri cinque confratelli della Fraternità san Carlo, per accompagnare un bel gruppo di maturati e laureandi italiani di Comunione e liberazione.
Prima della partenza, una ragazza ha chiesto: “Ora che mi avvicino alla fine di questo percorso universitario, sorgono in me tante domande. Per che cosa sono fatta? A che cosa è chiamata la mia vita? Come la domanda sulla mia vocazione, anche nei suoi punti più faticosi, può contenere la certezza di un destino buono su di me?”.
Papa Francesco sembrava rispondere proprio a lei quando, nel discorso inaugurale della GMG, ha detto: “Voi non siete qui per caso. Il Signore vi ha chiamati, non solo in questi giorni, ma dall’inizio dei vostri giorni. Tutti ci ha chiamati fin dall’inizio della nostra vita. Sì, Lui vi ha chiamati per nome”.
Per i ventenni di oggi scoprire di avere una vocazione, verificare che c’è Qualcuno che ci chiama, che ha un compito per noi e che la scoperta della vocazione coincide con la nostra felicità, è qualcosa di rivoluzionario. È bello scoprire che ognuno di noi è unico e speciale perché è stato creato da Dio con un progetto di amore e che la nostra vita è una vocazione, un dono che dobbiamo accogliere e far crescere.
È bello scoprire che la nostra vita è una vocazione, un dono che dobbiamo accogliere e far crescere.
Francesco Ferrari, che guidava il pellegrinaggio, ha indicato la necessità di un dialogo con Dio per poter rispondere alla vocazione. Un dialogo che si nutre di preghiera, sacramenti e amicizia.
Molti ragazzi hanno trovato nel sacramento della confessione l’abbraccio che attendevano da tanto tempo; altri sono rimasti stupiti dal momento di adorazione eucaristica vissuto con il Papa, quando un milione e mezzo di persone si sono inginocchiate davanti all’ostia consacrata. Un silenzio di un quarto d’ora che rimarrà nella memoria di ciascuno di noi. Probabilmente in tanti si sono inginocchiati davanti a Cristo con poca consapevolezza, ma è appartenendo a questo corpo visibile che è la Chiesa che possiamo crescere, imitando chi è più avanti nella fede.
Il dialogo con Dio prende forme anche molto concrete. Per esempio, mi sono sentito personalmente interpellato dall’invito del Santo Padre alla missione, proprio mentre sto facendo le valigie per partire verso la casa di Puente Alto a Santiago del Cile.
Mons. Giovanni Paccosi, che dopo diversi anni di missione in Perù è oggi vescovo di San Miniato, in Toscana, durante un’assemblea con i ragazzi, ha raccontato un episodio che gli era accaduto vent’anni prima: Andrea Aziani, il Memor Domini che l’aveva accolto in Sud America, l’aveva portato in cima al monte per fargli vedere la città di Lima. Lì gli aveva detto: “Non pensare mica di essere venuto qui per risolvere tutti i problemi che hanno i peruviani! Tu sei qui per dare tutto a Cristo!”
Desidero partire per Santiago del Cile con questo desiderio di totalità: dare tutto a Cristo, offrendo la vita per la gente che incontrerò affinché possano incontrarLo.
Mi accorgo che sono mandato là non per convertire gli altri ma innanzitutto me stesso, per incontrare Cristo dove desidera essere incontrato da me. Tutto questo mi lascia una grande pace: sono mandato da Qualcuno, c’è una casa di sei confratelli che mi aspetta e c’è la possibilità di scoprire perché Cristo mi vuole là.