La pratica dell’Adorazione eucaristica cambia la prospettiva sulla realtà. Come? Per rispondere a questa domanda racconto un episodio della mia gioventù. […] Dopo la laurea, ho assunto servizio presso il Ministero dell’Istruzione marocchino come professore d’inglese nel liceo scientifico di una piccola città nel centro del Paese. Era una zona di poveri agricoltori e decisamente non turistica, ma leggevo molto e sentivo parlare di città e luoghi favolosi da visitare in Marocco. Così ho cominciato a impegnare le giornate delle diverse festività marocchine per viaggiare e visitare alcuni di quei posti.
Dopo due o tre viaggi mi sono subito reso conto che si trattava di un’esperienza scarsamente significativa. Per usare una esemplificazione visiva direi che era un po’ “bidimensionale” piuttosto che “tridimensionale”, come se stessi guardando tutto da uno schermo invece di stare nella situazione in modo vivo. Ho capito che nelle mie giornate libere preferivo rimanere in casa e leggere dei bei libri piuttosto che andare a vedere cose nuove.
Pensando al motivo per cui mi trovavo in quello stato d’animo mi sono reso conto che dipendeva dal fatto di essere da solo e di non poter condividere l’esperienza con nessuno. Questa mancanza di condivisione faceva sì che le cose non mi entrassero nell’animo, rimanevano esperienze esteriori. Ho scoperto, insomma, che quando incontravo nuovi luoghi senza compagnia e quella circostanza non passava attraverso un rapporto vivo con persone con cui avere un minimo di legame affettivo, allora le cose rimanevano fuori di me. Erano solo immagini e non realtà vive. […]
Perché questa resistenza? Se non riuscivo a legare la novità che si apriva davanti a me con i significati e gli affetti per cui vivevo, nulla mi toccava, non mi cambiava, non mi dava vita nuova.
L’adorazione eucaristica è stata la pratica che ha cambiato la mia esperienza di incontro con la realtà che si apre davanti a me
L’adorazione eucaristica è stata la pratica che ha cambiato la mia esperienza di incontro con la realtà che si apre davanti a me. Le ore trascorse con gli occhi che fissano l’ostia eucaristica, nel riconoscimento della presenza del Signore, mi addestrano a guardare la realtà trovando Lui presente, o almeno con la domanda viva di poter individuare la Sua presenza. Questo atteggiamento fa emergere in ogni luogo e in ogni incontro un riverbero di tutta la mia speranza e del mio stesso destino eterno; perciò ogni avvenimento “scoppia” di significato, di intimo rapporto, di provocazione e di vita.
L’attitudine sviluppata nel mio cuore attraverso la preghiera e l’Adorazione eucaristica fa sì che sempre e ovunque ci sia la possibilità di incontrare la realtà attraverso il rapporto con Chi mi ama eternamente e mi offre, in quell’istante, il perdono di Dio. In altre parole, l’Adorazione è un esercizio di fede, un esercizio che ci aiuta a poter dire, o almeno a tentare di dire in ogni situazione: “Egli, il Signore, è qui!”. È un esercizio che richiede un po’ di pazienza nel lasciarsi “allenare” per poter fissare lo sguardo e l’attenzione sulla Sua presenza eucaristica. Ma è una pazienza che ripaga in modo meraviglioso.
[…] Egli è qui, realmente. Eccolo davanti a me, che mi guarda mentre pongo il mio sguardo su di Lui. Con una tale scoperta e consapevolezza possiamo vivere tutte le circostanze in questo rapporto misericordioso e veritiero. L’incontro con la realtà, perciò, non solo diventa “tridimensionale”, umano e vivo, ma molto di più: comincia a sapere di eternità, ad avere il gusto del Destino, che ha delle dimensioni impossibili da nominare o descrivere. Si può soltanto umilmente e con gratitudine additare, indicando l’opera e la presenza del Salvatore.
Per queste ragioni, durante i miei numerosi anni di servizio sacerdotale ho sempre aderito volentieri a ogni iniziativa riguardante l’Adorazione eucaristica, spesso proponendola personalmente. Negli ultimi anni a Milano, presso la parrocchia di san Carlo alla Ca’ Granda, ho accettato volentieri la proposta di guidare questi momenti. Le meditazioni di questo libro sono tratte dai minuti finali dell’Adorazione parrocchiale, in cui offro una parola che emerge dal mio stare davanti a Lui: davanti al Re.