Cari fratelli e sorelle,
con questa celebrazione entriamo nella settimana più importante dell’anno. La Chiesa ci dona la grazia di rivivere la Settimana Santa, rivelando così il suo volto di madre premurosa e affettuosa, che dona a ciascuno dei suoi figli quanto di più prezioso esista: la Passione, Morte e Risurrezione di Gesù Cristo.
All’inizio di questa messa, prima di entrare in cattedrale, abbiamo benedetto i rami di ulivo e abbiamo accompagnato Gesù nel suo solenne ingresso in Gerusalemme. Egli, come abbiamo ascoltato dal Vangelo di Luca, camminava davanti a tutti salendo verso la Città Santa (cf. Lc 19,28). Gesù conosceva il duro destino che lo attendeva di lì a poco e desiderava con determinazione che si compisse. Accettava e abbracciava volontariamente la morte, certo dell’assistenza di Dio, suo Padre, e per amore degli uomini e delle donne di tutti i tempi.
Tutta la folla dei discepoli, vedendo Gesù giungere in sella a un puledro nei pressi del Monte degli Ulivi, fu piena di gioia e cominciò a lodare Dio per tutti i prodigi che aveva veduto (cf. Lc 19,37). Con quell’immagine (il giusto umile che entra in Gerusalemme cavalcando un puledro figlio d’asina) Israele vedeva compiersi un’antica profezia regale (cf. Zc 9,9). La folla amava Gesù. La gente semplice era felice di vederlo e di poter stare con lui: lo conosceva, erano noti i miracoli che egli aveva compiuto, le sue doti di umanità. Grande fascino esercitavano le sue parole. Ma tra la folla ci sono anche alcuni farisei, i quali sfidano il Signore dicendogli: Maestro, rimprovera i tuoi discepoli (Lc 19,39). Ecco, attorno a Gesù, nel momento del suo ingresso messianico in Gerusalemme, ci sono due gruppi, due forze: la semplicità genuina ed entusiasta dei discepoli e l’ostilità dei capi del popolo. Saranno questi ultimi a decidere il destino del Figlio di Dio, anche grazie alla collaborazione con il potere laico di allora, il procuratore romano e il re Erode. E la folla, che sembrava entusiasta per la presenza di Gesù, presto passerà dalla parte dei potenti, contro Gesù.
Le stesse persone che rivolte a lui gridavano: Osanna, benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore! (cf. Lc 19,38), qualche giorno dopo, rispondendo alle domande di Pilato, diranno: Toglilo di mezzo! (Lc 23,18); Crocifiggilo! (Lc 23,21). Pochissimi restano al fianco di Gesù nelle ultime ore della sua vita: i Vangeli ci parlano solamente di alcune donne e della Madre, di Simone di Cirene, del buon ladrone, di Giuseppe d’Arimatea. Nessuno fra i Dodici, tranne il discepolo amato. Pietro, come sappiamo, ha paura e rinnega il suo maestro per ben tre volte.
Non c’è misericordia più grande di questa: il desiderio di perdono che mostra Gesù, anche dentro la circostanza più negativa e più scandalosa.
Non accade forse la stessa cosa anche nella nostra vita, e cioè che passiamo da un’esaltazione per Cristo alla dimenticanza di lui, se non addirittura al rinnegamento? Non accade forse anche a noi tutti di essere spesso tiepidi o forse anche indifferenti nei confronti di colui che è il Salvatore? Gli amici di Gesù hanno smesso di seguirlo nel momento in cui hanno capito che la sequela a lui significa svuotare se stessi, assumere la condizione di servo, umiliarsi facendosi obbedienti, abbracciando il sacrificio (cf. Fil 2,7-8), come ci dice san Paolo parlando di Gesù. Non si può credere in Cristo senza combattere con tutto noi stessi, come lui e insieme con lui, contro il potere del male e contro il peccato. Egli ci dà la forza per affrontare questa lotta e ci sostiene nei momenti più bui, mostrandoci, già ora, che dopo la rinuncia e la morte sorge l’alba della vita nuova, cioè della Risurrezione.
Gesù, morendo, offre tutto al Padre, anche il tradimento dei suoi amici, e prega a vantaggio di tutti, soprattutto di coloro che lo stanno uccidendo e di coloro che lo hanno abbandonato o tradito: Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno (Lc 23,34). Non c’è misericordia più grande di questa: il desiderio di perdono che mostra Gesù, anche dentro la circostanza più negativa e più scandalosa.
Siamo stati comprati a caro prezzo (1Cor 6,20): la nostra salvezza è costata il sangue di Gesù. Domandiamo a Dio di non dimenticarlo mai. Domandiamo anche, soprattutto per i prossimi giorni, il dono della commozione davanti alla grandezza immensa del suo amore, reso visibile dall’atroce durezza delle sue sofferenze. Non vergogniamoci della nostra fede. Lodiamo e temiamo il Signore (cf. Sal 21,23-24). Amen.
Omelia per la Domenica delle Palme – Reggio Emilia, 14 aprile 2019