Seme di fecondità

Proponiamo l’omelia di mons. Camisasca per il funerale di don Antonio Anastasio

Cari fratelli e sorelle,

avevamo pregato e sperato. In migliaia. Passando dai momenti più cupi, all’inizio della malattia, subito dopo Natale, a quelli più recenti, pieni di un miracoloso stupore. Abbiamo pregato: «Guarisci, Signore, il nostro Anas, se questa è la tua volontà». Abbiamo chiesto un miracolo e un miracolo c’è stato: quello di tante persone radunate via internet per pregare assieme ogni sera, segno di un affetto straordinario e della fede implorante di un popolo intero.
Tanti di noi sono stati interrogati dalla malattia di Anas, hanno conosciuto la sua opera di guida quasi nascosta di centinaia e centinaia di giovani, la sua dedizione di prete tra i giovani a Grosseto, a Roma in Seminario, a Fuenlabrada in Spagna, a Milano come cappellano universitario. La multiforme personalità di Anas non si può certo racchiudere in settori, ma certo i giovani sono stati la sua passione. Rivelare Cristo ai giovani è stato l’anelito continuo della sua vita.
Spiritualmente Anas era un passista, un camminatore delle lunghe distanze. Poteva non colpirti in un primo momento, ma non ti abbandonava, non ti lasciava mai, te lo trovavi a fianco, come un padre, o un amico, o un consigliere, un collaboratore prezioso.

Anas parlava di Dio e di Cristo in modo affascinante. Il solco che ha tracciato rimane come seme di fecondità. Impariamo da lui la mite radicalità con cui ha lasciato plasmare la sua mente e il suo cuore da Cristo.

La sua caratteristica principale penso sia stata la mitezza. Anas era uno di quei miti di cui parla Gesù nel Vangelo. Quelle anime umili e grandi assieme che sanno portare anche drammi e divisioni, ma scavano dentro i cuori i sentieri bellissimi dell’amicizia e della fedeltà.
Pensare alla persona e alla vita di Anas mi riempie di gratitudine a Dio. In meno di trent’anni di sacerdozio ha avuto una schiera infinita di figli, debitori a lui della scoperta del peso della vita, dell’apertura all’amore, alla poesia, alla musica, a Dio. In una parola, all’esistenza consapevole e vera. Quanto ci hanno accompagnato le sue canzoni, i suoi versi, le sue riflessioni, i suoi libri!
Per tutto questo Anas si è manifestato come un vero figlio di don Giussani. In un temperamento diversissimo, aveva ereditato il centro del suo carisma: Chi mi segue avrà il centuplo e la vita che non finisce.
Per otto anni è stato al mio fianco come vice-rettore e poi rettore del Seminario della Fraternità. Anni bellissimi e frementi che non posso riassumere. Anas è nel cuore di tutti coloro che ha accompagnato all’ordinazione sacerdotale. Loro potranno raccontare, assieme ai suoi antichi e nuovi figli di Grosseto, Fuenlabrada e Milano. Il tempo rivelerà il peso di tutti questi anni.
La Fraternità san Carlo è nuovamente visitata da nostra sorella morte corporale. Io, dopo la scomparsa di Maffucci e di Anas, mi sento decisamente più vicino al compimento, all’essenziale, più sicuro della protezione dal Cielo di tanti e tanti amici che ora vi abitano. Una parte importante di noi è già nell’eterno.
Ringrazio Dio di aver visto sulla terra vite così grandi, così compiute. Anas, per esempio, scriveva benissimo, parlava di Dio e di Cristo in modo affascinante. Il solco che ha tracciato rimane come seme di fecondità.
Impariamo da lui la mite radicalità con cui ha lasciato plasmare la sua mente e il suo cuore da Cristo, che ha amato nella vita del Movimento e della Fraternità San Carlo.
Non posso poi dimenticare un tratto importante della sua personalità. Importante per tutti noi. Anas aveva imparato a smorzare le tensioni, le divisioni, le liti. Cercava conciliazione e unità, anche correndo il rischio di esagerare. Ma non perdeva tempo, andava all’essenziale.
Oggi, consegnando la sua vita a Dio, chiediamo al Padre di ogni grazia questo dono: amare tutto ciò che ci lega a Cristo e disprezzare tutto ciò che ci allontana da lui.

Amen.

Omelia nella santa Messa per il funerale di don Antonio Anastasio
Basilica di Sant’Ambrogio – Milano, 11 marzo 2021

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