Per la sua geografia, l’Olanda è naturalmente europea. Da Tilburg, dove vivo, con la macchina in meno di un’ora sono in Germania e servono 15 minuti per andare a far benzina in Belgio. Allo stesso tempo, la sua lingua che nel mondo nessuno conosce ha comportato un certo isolamento culturale. Viviamo in una relativa indipendenza dai Paesi circostanti. Intellettuali o politici fanno sapere al popolo ciò che si pensa all’estero e all’estero quello che succede qui.
Questo isolamento ha avuto però anche dei vantaggi. A cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, quando in Francia e in Germania c’erano governi anticristiani, da noi il Cattolicesimo, legalizzato dopo due secoli di soppressione, poteva riprendersi e crescere. Oggi, nel sud dell’Olanda, quasi tutto ciò che si vede è stato creato da cattolici che, sentendosi di nuovo liberi, si sono espressi nella costruzione di chiese, monasteri, scuole, ospedali, cooperative, università. Ma troppo spesso la fede era data per scontata, ci si concentrava solo sui frutti, sull’organizzazione… Oggi siamo circondati da tante belle strutture che desiderano mantenersi, ma di cui quasi nessuno ricorda né l’origine né lo scopo.
Fino a pochi anni fa, l’Olanda era tra i paesi più entusiasti dell’Unione Europea nel continente. Sembrava a tutti giusto e conveniente mettersi insieme ad altri paesi per promuovere la pace e il benessere comune. Si apprezzava la libertà di movimento, il mercato comune, la moneta unica. Negli ultimi dieci anni invece gli olandesi sono diventati fortemente euroscettici. Oggi l’Europa viene considerata da tanti solamente come un grande apparato burocratico, un superpotere privo di ideali chiari e condivisibili.
Fa pensare che in un periodo brevissimo l’opinione di un popolo possa cambiare così radicalmente. Certo, come è avvenuto in Germania, anche in Olanda si sono verificate le conseguenze drammatiche della immigrazione di massa ideologica e scriteriata degli ultimi decenni. Contro l’ideologia del “tutto è uguale, non c’è storia, non c’è cultura”, ora, per reazione eccessiva, si torna a xenofobia e razzismo. Gli intellettuali non sanno cosa proporre, tranne costruzioni etiche molto discutibili e anticristiane che renderanno la gente sempre più sola e dipendente dallo Stato, soggetta a un controllo sempre più stringente sul contenuto e sui metodi dell’educazione.
C’è speranza? Certo, se si guarda bene. Anche qui ci sono piccoli gruppi, “minoranze creative” che, oggi, hanno incontrato una Persona che ha dato alla loro vita “un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”. Sono universitari che vogliono sinceramente capire se il cristianesimo è pertinente alla loro esperienza di oggi. Famiglie che cercano di aiutarsi nell’educazione. Giovani preti che, apparentemente fuori contesto, continuano a rendere presente la parola del Vangelo e i Sacramenti. Gruppi effimeri, punti quasi invisibili, ma reali, liberi e vitali. Comunità internazionali, dove il razzismo è superato non violentemente, ma dall’incontro condiviso, dal destino comune. Si supera l’isolamento condividendo testi, esperienze e testimonianze che provengono dalla Chiesa sparsa in tutto il mondo.
Dentro queste minoranze c’è chi osa fare famiglia, aver figli, andare in politica, cercare di costruire qualcosa pur sapendo che il potere potrebbe distruggere tutto in un istante. Tutto, ma non la gioia che nasce dalla consapevolezza di far parte di una vita che rinasce sempre.
(Foto Raul – flickr.com)