Dall’esperienza di Alcide de Gasperi possiamo imparare che la strada ad una rinascita dell’Europa significa il ritorno alla novità assoluta portata da Cristo nel mondo, la comunione, l’amore per i propri nemici, il perdono

Quattro righe sulla carta intestata del Presidente del Consiglio dei Ministri: «Perdonami, Signore, ma porto con me nelle mie occupazioni la Tua preghiera – penetra tutta la mia attività, prega Tu nel mio lavoro e in tutta la donazione di me stesso». Sono parole scritte sessant’anni fa dalla mano di Alcide De Gasperi.
La mente corre ad immaginare la densità di quegli anni. Un neonato governo doveva riedificare un paese dilaniato dalla guerra, tenere insieme forze politiche radicalmente contrapposte e creare alleanze anche con i paesi fino a poco prima nemici. Non è difficile immaginare le schiaccianti responsabilità del presidente De Gasperi, che fra gli impegni scrive di getto sulla carta che trova sottomano una commovente richiesta: «prega Tu nel mio lavoro».
Qualche settimana fa è venuta a trovarci in seminario sua figlia, Maria Romana De Gasperi, che ha portato questa pagina, scritta in aula da suo padre. Ci ha descritto la sua amicizia con gli altri «padri fondatori d’Europa», Konrad Adenauer e Robert Schuman: «Tutti e tre venivano da situazioni personalmente difficili. Si sono incontrati e il fatto di essere cristiani li ha aiutati nella comprensione reciproca e del significato della politica. Era bello vedere questi tre uomini di una certa età discutere, parlare e volere qualcosa che sembrava venisse da tre giovani». Gli ideali di questi tre «giovani» amici hanno dato forma all’Unione nascente, inedito e coraggioso tentativo di esprimere politicamente l’unità reale del continente.
Sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI hanno sottolineato con forza che un’Europa noncurante delle proprie radici può soltanto rinsecchire. Dove possiamo, allora, riporre la nostra speranza per il futuro dell’Europa?
Innanzitutto nel cammino dell’educazione, necessario per tornare a riappropriarsi di quel patrimonio culturale che ha fatto grande l’Europa e per aiutare gli europei a prendere coscienza di quelle novità assolute che Cristo ha portato nel mondo: la comunione e l’amicizia, il perdersi per trovarsi, l’amare i propri nemici, il perdono. È dall’esperienza reale di queste novità che possono nascere luoghi di accoglienza e di umanità redenta da cui scaturisce la vera gioia che illumina i nostri occhi e il nostro volto. Novità, quella portata dal cristianesimo, che ha bisogno di essere nuovamente testimoniata fino a quelle conseguenze che possono diventare «pietra di inciampo» per l’uomo di oggi come per quello di ogni epoca storica.
L’Europa ha poi bisogno di uomini santi che concepiscano la loro azione, in ogni campo, come impegno personale a servire i fratelli uomini. La testimonianza di Maria Romana ci ha riproposto il fascino di un’umanità che sentiamo desiderabile. Papa Francesco nella sua esortazione Evangelii Gaudium ha definito la politica «una vocazione altissima, una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune» (205). Alcide De Gasperi ha vissuto così, come carità e santità, la sua vocazione. L’Europa ha bisogno di donne e uomini disponibili anche a soffrire di persona, al fine di servire il loro popolo nella verità. Donne e uomini capaci di scrivere tra un dibattito e una votazione: «Penetra tutta la mia attività, prega Tu nel mio lavoro e in tutta la donazione di me stesso».

Nella foto, una veduta di Bruxelles (foto di Luc Mercelis).

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