Cari fratelli e sorelle,
le letture che abbiamo ascoltato nella festa dell’evangelista Marco ci parlano di una Chiesa che nasce, di una Chiesa attraversata da molti tormenti.
Il vangelo riporta certamente le parole di Gesù, ma le riporta anche nel contesto della fine del primo secolo, o comunque del momento in cui è stato redatto: non è un caso perciò che Gesù esca con questa espressione: Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi. (Lc 10,3)
Nella prima lettura, forse quella Babilonia è Roma, e Pietro non ha nessuna paura a dire che la lotta che si combatte è fra Dio e il demonio. Il demonio cerca di divorarci. Questa è la situazione di sempre nella vita della Chiesa. Ma in questa lettura, come nelle altre, non troviamo lamenti. Troviamo bensì intrecciata una pacata serenità, consapevole della difficoltà del momento, con la necessità di una moltiplicata confidenza. Per questo Pietro dice: la vostra caratteristica principale sia l’umiltà, cioè non sia la confidenza in voi stessi, in ciò che potete fare, o nelle vostre forze. Affidatevi piuttosto a Dio, ponete in lui ogni speranza ed Egli vi ricompenserà. Mostrerà in breve tempo la sua forza che ristabilirà la pace nei vostri cuori e la pace nella società. Dovete essere vigilanti. E la vostra vigilanza sia la fede, la capacità, cioè, di leggere dentro il presente vedendo non soltanto le ragioni dello scoramento, fonte di abbattimento e di depressione, ma vedendo anche il nuovo che nasce. L’erba primaverile che si fa strada nella Chiesa e nel mondo, l’azione di Dio che rinnova segretamente e poi palesemente il volto della terra. Egli stesso, Gesù, dopo che avrete un poco sofferto, vi ristabilirà, vi confermerà, vi rafforzerà, vi darà solide fondamenta. (1Pt 5,10).
La lettera di Paolo scelta, come la prima lettura di Pietro, per ragioni onomastiche – in entrambe infatti ricorre il nome di Marco -, è uno dei brani per me più commoventi e di più elevato spessore letterario di tutto il Nuovo Testamento. Vi troviamo Paolo probabilmente fra il primo e il secondo processo, nel momento in cui gran parte dei suoi lo hanno abbandonato. D’altra parte non poteva essere diversamente, se l’Apostolo era chiamato a vivere le stesse sofferenze del Maestro. Ben otto sono i nomi, riportati in pochi versetti, a dire la concretezza drammatica di questo testo. Ma Paolo non è per niente disperato. È consapevole della propria situazione drammatica, Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone (2Tm 4,17).
Il brano del Vangelo di Luca che la chiesa ha scelto per questa festa è uno dei numerosi cataloghi missionari che troviamo nei Sinottici. Se noi osserviamo questi cataloghi, vediamo, pur nella differenza delle redazioni, una costante: Gesù vuole che i suoi missionari siano persone libere. Per questo dice: non preoccupatevi dei soldi, dei vestiti, del cibo! Preoccupatevi soltanto di porre il vostro cuore nelle mani del Padre provvidente, ed egli vi accompagnerà. Il regno di Dio infatti è vicino. Ed è proprio questa la grazia che questa sera l’evangelista Marco porta a tutti noi: il Regno di Dio è vicino significa che il Regno di Dio è attivo; la persona di Gesù, in cui il Regno coincide, come germe, come forza, come fonte, e il Corpo totale di Gesù, in cui il regno coincide come esito, è all’opera nella storia del mondo. E dunque diamo generosamente risposta alla preoccupazione di Gesù, che guardando i secoli futuri, dice in quel momento: Sì, la messe è molta, ma coloro che rispondono al mio invito sono pochi. L’ansia di Gesù sia anche la fonte del nostro desiderio. Partecipare all’apostolato di Pietro e Paolo, di cui Marco è stato testimone e figlio, partecipare all’apostolato dei Dodici, partecipare alla vita delle colonne della Chiesa, con il nostro contributo di uomini e donne felici di essere stati chiamati a così grande grazia e a così profonda responsabilità.
Ti ringraziamo Signore per tutto ciò che ci hai donato, per ciò che ci hai fatto vedere e godere, e per ciò che ancora ci farai vedere e godere nel breve o lungo tempo che ci rimane da vivere. Fai in modo che le difficoltà dell’esistenza nella nostra vita personale e mondiale non offuschino mai la nostra fede e la nostra speranza. Donaci sempre, nella fatica e nel dolore, di godere della tua presenza, sapendo che anche dall’interno stesso del buio e del dolore, la luce può nascere e può risplendere.
Omelia nella Festa di San Marco evangelista – Milano, 25 aprile 2022
Nell’immagine, J. Tissot, «Recommandation aux apôtres» (1886-1894)