Dalla parrocchia di Maidenhead, sobborgo di Londra, un invito a fidarsi di Dio, senza forzare i suoi disegni.

A volte, prima della messa del mattino, rimango fermo per un po’ davanti alla porta della scuola che si trova di fronte alla chiesa. Da quella posizione privilegiata osservo la vita che scorre. Una mamma arriva affannata tenendo per mano suo figlio e quello di un’amica; un’altra è preoccupata per la malattia di un parente; una signora corre via e inizia a piangere per una ragione che non conosco; un papà particolarmente simpatico si ferma a scambiare due parole e mi saluta, lasciando intendere di voler approfondire il rapporto. È lì che ho l’occasione di incontrare le persone, di entrare nella loro vita. Lì nascono inviti ed amicizie che si approfondiscono nel tempo. Lì vivo la mia missione con le famiglie e con i giovani, perché presto i genitori mi affidano ciò a cui tengono di più: i figli.
Un giorno, ricevo la telefonata di una mamma che vorrebbe battezzare suo figlio. Di solito, prima di ammettere le famiglie al corso in parrocchia, desidero incontrarle per conoscerle e capire che cosa le ha portate a questa decisione. Dopo qualche giorno, i genitori mi accolgono in casa. Con una tazza di tè in mano, mi raccontano la loro storia, simile a tante qui in Inghilterra: non sono sposati in chiesa e il bimbo è stato concepito in vitro. Tuttavia, sembra che le difficoltà di salute legate all’impossibilità di avere figli siano passate. Allora dico: «Se fate un altro figlio, magari possiamo preparare con calma un matrimonio e i due battesimi…». La loro risposta mi lascia senza parole: «Non lo escludiamo, anzi, abbiamo un embrione di riserva in un congelatore».
Dentro di me, penso a come la confusione regni sempre più nel mondo, anche nelle famiglie più normali. Nei racconti di quei due genitori, percepisco la drammaticità delle sofferenze passate, per quanto non scorga in loro neanche l’ombra di dubbi morali o rimorsi. Le evidenze più eclatanti, ormai, sono davvero crollate. Quando mi alzo per andarmene, appena prima di salutarli, mi rendo conto che c’è ancora una cosa da dire: «Sappiate che Dio non vi ha mai perso d’occhio. Lui sa sempre quale sia il bene per noi, tanto che si serve di tutto, anche del male oggettivo, per condurci alla maturazione. Perciò non forzate il suo disegno, fidatevi della sua regia». Affiora qualche lacrima e ci salutiamo.
Desideravo capissero che Dio non era distratto quando non aveva dato loro dei figli, anche se li avrebbero tanto voluti. Il Creatore ha fissato un metodo preciso per concepire e far nascere gli uomini: il rapporto sessuale tra due sposi. Ha scelto un luogo preciso, secondo il suo progetto di bene. Per questo non è necessario né conveniente forzare i disegni di Dio, con il ricorso alla fecondazione artificiale. Credo che quei genitori l’abbiano capito, o almeno intuito: dopo di allora, hanno deciso di frequentare la messa domenicale, anche se uno dei due non è cattolico.
Dio sa che cosa ci conviene e dove ci vuole portare. Si comporta con noi come un padre con i suoi figli: a volte, se i genitori vietano loro qualcosa, i figli si ribellano. Ma nonostante le proteste, essi non cedono, perché certi di quale sia il bene dei loro bambini. Come i figli devono avere fiducia nei loro genitori, così noi dobbiamo fidarci di Dio.

José Claveria è parroco di St Edmund a Maidenhead, nei pressi di Londra. Nell’immagine, la riva del Tamigi nella cittadina inglese (Foto David Bramhall).

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