Il dono dei sacramenti a un malato terminale e una “gita” al mare con un ragazzo di strada: due incontri in una lettera da Santiago del Cile.

Carissimi,

dall’ultima lettera che vi ho scritto sono successe molte cose.
La vita della parrocchia è sempre intensa. A volte ho l’impressione che quello che faccio sia insufficiente. Ho però capito che questa è una tentazione. È la tentazione di pensare di essere io il fattore di cambiamento di tutte le cose. Per questo ogni mattina chiedo al Signore di farmi vedere cosa c’è da fare e la sera gli chiedo di portare a compimento le mie approssimazioni e rimediare ai miei “pasticci”. L’obbedienza alla Fraternità e il dialogo con i miei fratelli è l’aiuto più concreto che il Signore mi dà per capire bene il “da fare”. In questi giorni stiamo meditando il “sì” di Maria e di san Giuseppe. Il Signore ci chiede sempre cose che sembrano molto grandi per le nostre povere forze di uomini, ma lo fa proprio per educarci alla fiducia nella Sua forza.
In questi mesi sono successe molte cose, il pellegrinaggio del movimento, il 1 ottobre, l’Encuentro Santiago, i campi con i ragazzi, le prime comunioni…
Vi racconto due episodi.

 

Un regalo grandissimo
Il primo riguarda un incontro bellissimo che il Signore mi ha regalato.
Mi chiama una signora della mia cappellina dicendomi che un suo parente è arrivato allo stadio terminale della sua malattia, l’AIDS. Luigi, chiamiamolo così, ha circa 50 anni ed è stato omosessuale tutta la vita, come dice lui stesso a tutti. La mia amica era molto preoccupata perché Luigi stava affrontando la morte con rabbia. Io le chiedo come avrebbe reagito se fossi andato a trovarlo. Dopo una settimana mi dice che Luigi aveva accettato di vedermi. Lascio tutto quello che dovevo fare e attraverso la città con un po’ di preoccupazione. Cosa gli dirò? Cosa mi dirà? Sul mio petto, in un astuccio, mi accompagna il Signore.
Quando arrivo all’ospedale mi scontro con la burocrazia cilena. Sembra impossibile entrare, così chiedo aiuto a san Giuseppe che poco a poco mi apre tutte le porte (i funzionari cileni sono molto precisi ma anche molto religiosi!).
Trovo la stanza di Luigi ed entro. Lui mi vede ed è molto imbarazzato. Allora gli faccio un grande sorriso e gli dico: “Luigi, sono padre Lorenzo, volevo conoscerti”. Luigi ricambia il sorriso. Non c’è tempo da perdere perché iniziano a girarci attorno medici e infermieri. Allora gli dico: “Luigi, ti ho portato un regalo grandissimo e non è un regalo mio. Te lo fa Dio, perché Lui non si dimentica di nessuno e vuole dirti quanto sei importante e prezioso ai Suoi occhi. Pensa: dice che per te vale la pena morire, dare la vita! Vuoi ricevere il perdono del Signore? Vuoi confessarti?”. Il suo viso si illumina e a fatica dice: “Sì”. Dopo la confessione gli dico che ho un altro grande regalo. È l’unzione degli infermi. “La vuoi ricevere?”. “Sì”. Continuo: “Ho un altro grande regalo, è la comunione. Vuoi ricevere la comunione?”. “Sì”.
Dopo la comunione preghiamo un po’ e lui, piangendo e sorridendo allo stesso tempo, stupito e quasi incredulo per ciò che sta avvenendo, non finisce di ripetere: “Sono contento, sono contento, sono contento”.
Non ho potuto non commuovermi. Luigi mi ha fatto capire quanto siamo amati e quanto basta poco per farsi amare dal Signore. Lui non misura la grandezza o piccolezza del nostro “sì” come la misuriamo noi. La Sua misura è un’altra. A Lui basta qualcosa di fragile per poter costruire una cosa eterna.

 

Un bel discorsetto
L’altro episodio riguarda un ragazzo di cui già vi ho parlato qualche volta.
Mi chiama la mamma di Ismael per dirmi che è molto preoccupata. Il cliché, purtroppo, è quello già visto tante volte: spariscono i soldi dalla casa, gente strana inizia a cercare Ismael che a sua volta si comporta in modo strano. Ismael è entrato nel giro della droga. Per farla corta riusciamo a decidere una strategia con la madre. Il problema è che nel frattempo non lo si può lasciare solo in casa. Decido così di portarmelo un giorno al mare con alcuni ragazzi universitari. Dentro di me penso: “Cercherò di parlare con lui per vedere se si apre un po’”. Quando arriviamo al mare non facciamo in tempo a uscire dalla macchina che Ismael è già in acqua. I ragazzi del Clu sono attentissimi, parlano con lui, lo coinvolgono. Dopo un po’, lo invito a fare una passeggiata nella splendida e sconfinata spiaggia che ci ospita. Cominciamo a camminare e io provo a chiedergli qualcosa, ma subito: “Padre, guardi quelle rocce, andiamo a scalarle?”. “Va bene, andiamo”. Arriviamo sulle rocce (io arranco un po’). Faccio per riaprire il discorso e lui: “Padre, guardi quell’apertura, entriamo?” E poi: “Padre, le stelle marine, le prendiamo?”. Insomma, siamo tornati dagli altri carichi di stelle marine e di altre “cose” che non avevo mai visto. Per il mio discorsetto, niente da fare!
Il giorno finisce, gli universitari lo invitano a vedere un film più tardi. Io lo riporto a casa sua. L’unica cosa che riesco a dirgli è: “Ismael, sai che qualsiasi cosa tu possa fare o aver fatto non cambia di una virgola il mio affetto per te?”. “Sì”, mi ha risposto. “Ismael, ti aspettano grandi cose, però non devi avere paura di chiedere aiuto!”. Lo abbraccio e lo lascio a sua madre.
Il giorno dopo la madre mi racconta che appena entrato in casa si è seduto sulla poltrona e ha iniziato a piangere come un bambino. Ha chiesto scusa a sua mamma per tutte le cavolate che aveva fatto. Poi le ha detto che vuole essere aiutato perché da solo non riesce a lasciare la droga.
Ancora una volta mi sono accorto che è l’amore, l’opera più feconda che possiamo fare nella vita. L’amore ricevuto ci ha generati, ci genera ogni istante e ci spinge a donarci. Solo per questo amore possiamo desiderare di cambiare, ricominciare, perdonare e chiedere perdono, inginocchiarci e diventare umili.
Come sempre vi affido tutte queste persone. Nelle vostre preghiere chiamatele pure con i loro pseudonimi, il Signore sa!
Vi ricordo sempre nella messa e vi ringrazio per il vostro sostegno. Vi abbraccio tutti!
Vostro
Lorenzo

 

(Nell’immagine, alcuni giovani con Marco Aleo, parroco della chiesa del Beato Pedro Bonilli, a Santiago del Cile, durante una gita).
Lorenzo Locatelli

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