Una lettera da San Bernardo, la nuova casa aperta in primavera a Santiago del Cile: inizio di un cammino da domandare ogni giorno

Santiago del Cile (San Bernardo), 18 marzo 2014

 

Caro don Paolo,

il 25 febbraio siamo “approdati” in parrocchia, come già sai, senza internet in casa e soprattutto con le giornate piene di incontri. Stiamo conoscendo sempre più la comunità e soprattutto le persone. Quante volte ci ricordiamo l’un l’altro che è importante incontrare la persona per ciò che è e non per l’aiuto che ci dà o per il suo ruolo pastorale.

Non passa giorno in cui Gesù non ci commuova con uno o più miracoli. Questo inizio a San Bernardo, dentro la valanga di richieste di persone che ci vogliono conoscere o che hanno un problema, è pieno di miracoli, della bellezza di entrare in rapporto con tante persone bisognose e desiderose di incontrarsi con Dio. Essere Suo strumento nelle tante confessioni o nell’omelia o alla fine della messa, nelle benedizioni, nelle esequie o attraverso l’unzione dei malati quando ci chiedono di andare a casa loro, è un’esperienza di pienezza e di affetto che riempie la giornata.

Martedì scorso ho iniziato un breve corso prematrimoniale con una coppia che ha deciso di sposarsi dopo dieci anni di convivenza. Hanno cinque figli, due dei quali frutto di una precedente relazione della donna. Da tre anni vivono in una casa dignitosa. Mi sono commosso quando, piano piano, si sono aperti e mi hanno raccontato un po’ la loro storia. Avevano vissuto in una casa di legno, poverissima, in un accampamento senza acqua corrente, senza luce. Quando pioveva dovevano tappare il tetto con dei pezzi di plastica che trovavano nella spazzatura… sette anni così, mettendo da parte i soldi per comprarsi una casa più decente. Un anno fa, inoltre, gli hanno rubato il pick-up… Ora vogliono sposarsi per dire a Dio: «Grazie per tutto ciò che ci hai dato!». Dopo averli ringraziati per aver condiviso con me un po’ della loro storia, ho detto loro: «Adesso Dio vi chiede di costruire il vostro matrimonio e di crescere i figli con la stessa passione con cui vi siete sacrificati per la casa. Ne vale la pena!».

Ricordo tanti episodi che danno senso al mio essere qui. Un giorno, ad esempio, sono entrato in una casa per visitare un nonnino allettato da anni a seguito di un ictus. Gli ho parlato come se non fosse completamente paralizzato, come se non avesse la tracheotomia e il sacchetto dell’intestino. Gli ho detto che ero venuto dall’Italia per portargli l’abbraccio di Gesù con il sacramento dell’unzione. Con una forza incredibile lui è riuscito a farsi il segno della croce e poi si è messo a sorridere con me, rispondendo con gli occhi alle mie domande. La famiglia mi diceva che erano mesi che non lo vedevano così contento. Attraverso la grazia del sacramento, Gesù si era reso presente in mezzo a loro. Potevo percepire una gratitudine profonda e ho ripetuto dentro di me: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8).

Anch’io, come i discepoli che tornavano dopo la missione, non devo gioire dei risultati, ma della compagnia di Gesù, del fatto che sono suo. So anche che questo è un lungo cammino da domandare ogni giorno e che ho bisogno di percorrere con Stefano e i miei fratelli e guidato da Martino.

Grazie per le preghiere che rivolgerete a Maria per noi. Continuerò anch’io ad affidare a Lei tutta la mia vita e quella delle persone che incontriamo, la nostra missione in terra cilena e quella di tutta la Fraternità.

Ti saluto con affetto,

Alessandro

 

Nella foto, una veduta della città, sullo sfondo le Ande (foto Alobos Life).

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