Don Vincent Nagle racconta della sua amicizia con Santa Caterina da Siena.

La lettura delle vite dei santi mi ha sempre trasmesso un forte impulso a vivere la fede con tutto il cuore. Conoscere i santi è come leggere il vangelo che si svolge in diversissimi luoghi e tempi, passando per le più svariate storie e personalità. Sono un’evidenza primaria di Cristo all’opera fra noi sempre. Mi sono così affezionato a molti santi, ma una in particolare è diventata col passare degli anni un’ispirazione, una guida, un’avvocata e, infine, un’amica. Si tratta di Caterina da Siena.
Ho fatto la sua conoscenza grazie al romanzo che Louis de Wohl dedica alla sua vita. L’avevo trovato nella biblioteca di don Massimo. Nelle prime pagine viene descritta la bellezza del volto della santa in estasi dopo aver ricevuto la comunione. E si racconta di come un giovane che aveva scorto quel volto aveva cambiato la sua vita in forza di ciò che aveva intravisto: la vita beata in Cristo. Volevo anch’io quel cambiamento. Desideravo essere così intensamente attratto dalla purezza di cuore, dalla purezza di vita, da scegliere sempre quella strada per me.
Poi fui colpito da un altro aspetto della biografia di Caterina: la forza del suo ruolo pubblico. Pur nascendo come 24esima figlia di un umile artigiano e di una donna analfabeta, e pur essendo analfabeta lei stessa, Caterina ha giocato un ruolo vitale per la società e soprattutto per la Chiesa della sua epoca, la seconda metà del Trecento. Fu lei, da laica (aveva emesso solo voti privati), a convincere il Papa a fare ritorno da Avignone a Roma, mettendo fine all’esilio del papato. Io ho ricevuto in casa un’educazione molto femminista, estremamente critica verso ciò che veniva bollato come il maschilismo della Chiesa: la figura di Caterina mi insegnava invece come la Chiesa fosse, ultimamente, sempre mossa dallo Spirito di Cristo, dove non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù (Gal 3,28).
Altre cose mi attraevano di lei: era una domenicana, e Tommaso d’Aquino era il mio teologo di riferimento; aveva inoltre costituito attorno a sé una comunità di persone che riconoscevano nella santa una presenza formatrice ed unitiva, e questo richiamava la mia esperienza nel movimento di Cl e il mio rapporto con don Massimo. È così iniziato un lungo percorso di letture, ma ancor più di preghiera e dialogo con lei.
Il nostro rapporto ha raggiunto un livello più elevato quando ho attraversato un periodo di particolare prova. Un avvenimento molto doloroso mi aveva lasciato deluso e incerto sul mio futuro di prete. Mi sono trovato arrabbiato col Signore e, anche se continuavo a dire le mie preghiere, non volevo più guardarlo in faccia: mi sembrava che la sua volontà e la mia non fossero conciliabili. In quel periodo ho passato ore fissando un’icona di santa Caterina. Con lei il dialogo continuava. Pian piano, mi ha incoraggiato a tornare a parlare col Signore.
L’anno scorso, una nuova tappa. Ero a Milano e sono andato a visitare la chiesa domenicana di Santa Maria delle Grazie con un’amica di nome Caterina. Siamo andati a pregare davanti al mantello della santa, che è custodito lì. Nella cappella c’era un frate. Ho iniziato a raccontargli qualcosa della mia devozione. Dev’essere stata la santa stessa a toccargli il cuore perché, con mio grande stupore, ha aperto il vetro del reliquiario e mi ha dato alcuni fili della stoffa del mantello della santa. Ora li tengo dentro una custodia che porto sempre appesa al collo.
Insomma, con lei è nata un’amicizia particolare per la mia vita. Il suo ricordo fisico che ora porto con me è un costante invito a chiedere la sua intercessione per la mia purità e salvezza, a mettermi senza riserva davanti al Signore come unica fonte di vita e verità. Nessuno di noi va a Cristo da solo, ma sempre per mezzo di una comunione di persone, che si estende ben oltre le persone del nostro tempo. Col battesimo siamo entrati in una nuvola di santità (cfr. Eb 12,1), la comunione dei santi.

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