Il canto della vita

Non c’è vita cristiana senza preghiera. L’ultimo libro di Paolo Prosperi ci aiuta a viverla: un estratto

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Ci sono certamente diversi (legittimi) modi di intendere e vivere il mistero della fede. Soprattutto vi sono molti modi di vivere quella personalissima e fondamentale dimensione della vita di fede che è la preghiera. Ebbene, il tipo di mistica di cui, per i motivi suddetti, ritengo oggi abbiamo bisogno è una mistica che, alla scuola dell’evangelista Giovanni, sappia vedere in Gesù di Nazareth non solo il rivelatore della gloria di Dio (Gv 1,14.18), bensì anche della gloria da Dio nascosta in tutte quelle realtà sensibili che Egli ha creato come icone di Lui.

Chi vede bene Gesù, non vede in Lui solo la gloria del Padre (Gv 14,9), bensì anche quella da sempre racchiusa nell’albero e nel fiore, nel corpo dell’uomo e della donna, nell’aquila e nel verme. Chi lo ha “pruovato”, “comprende”: nell’attimo stesso in cui per grazia ti è dato vedere il verme come figura della sublime umiltà del Crocifisso (Sal 22,6), ecco che una meraviglia indicibile ti afferra, e non sai se è più elettrizzante la gloria di ciò che vedi, o lo stupore per il fatto che, proprio in un essere che fino a ieri t’appariva infimo, vedi ora un incantevole mistero.

Amore, amore omne cosa clama – ha scritto il “folle di Dio” Iacopone da Todi. E sembra in effetti l’affermazione d’un folle, tanto inesorabilmente la realtà delle cose pare smentirla. Eppure la fede ci insegna che in queste parole, rettamente comprese, s’esprime una verità profonda. Per il cristiano, infatti, c’è un senso in cui è perfettamente giusto dire che tutto parla d’amore, giacché egli sa che non solo tutte quante le Sacre Scritture, ma anche quel libro vivente che è la creazione (Efrem Siro) non parla in simbolo d’altro che del dialogo d’amore tra l’anima e il Suo Signore, tra la Chiesa e il Suo Sposo.

Ma è poi questa un’idea tanto astrusa? Non sa già il semplice innamorato, che creda o meno, di qualcosa d’assai simile? «Nell’esperienza di un grande amore – ha scritto Romano Guardini – tutto il mondo si raccoglie nel rapporto Io-Tu, e tutto ciò che accade diventa un avvenimento nel suo ambito».

Per la donna innamorata, tutta la realtà parla spontaneamente dell’Amato. Lo stesso è a fortiori vero per l’anima cristiana.

Per la donna innamorata, tutta la realtà parla spontaneamente dell’Amato. Lo stesso è a fortiori vero per l’anima cristiana: quanto più essa s’immerge in quel dialogo con l’Amato che della preghiera è l’intima sostanza, tanto più, a poco a poco, tutta la vita del cosmo viene attratta dentro di esso, lo nutre e ne riceve a sua volta gloria. Il canto degli uccelli e il pianto d’un bambino, il gracchiare del corvo e lo stormire del vento: ogni voce diviene all’orecchio dell’anima orante eco della voce dell’Amato che la cerca e della propria che cerca Lui. Ogni volto umano, ogni essere vivente e persino ogni ente inanimato – monti, rocce, pietre preziose – diviene ai suoi occhi un’icona di Lui che le viene incontro, ora crocifisso, ora gioioso, ora glorioso.

Con un cruciale nota bene, su cui non si potrà mai insistere abbastanza: tutto ciò accade senza mortificazione alcuna dei tratti inconfondibili d’ogni essere, ma al contrario in modo tale che tali tratti vengono glorificati ed esaltati ben al di là d’ogni autonoma potenzialità. Prendiamo il cinguettare degli uccelli nel bosco. Chiunque abbia avuto la fortuna di passare lungo tempo a pregare nel bosco, sa per esperienza cosa significhi non tanto “parlar con gli uccelli”, quanto l’accorgersi di come il grido del falco, per esempio, che echeggia tra gli alberi, sia capace di dar voce all’acutezza del desiderio – e perciò anche di stimolarlo in noi! – assai meglio di quanto la nostra umana voce saprebbe mai fare. Cosa dice il falco, quando perfora il silenzio col suo grido acuto? Nulla, non “dice” alcunché. E tuttavia, proprio così, proprio in questo non dir nulla, egli dà voce e suono a ciò che di più alto il cuore umano possa sperimentare: l’ardore del desiderio puro – quel desiderio incandescente, che non è ormai più domanda di “qualcosa”, di questa o quella grazia, bensì è brama di ciò che, come insegna Paolo, non può essere chiesto in parole, poiché non ci sono parole per nominarLo:

Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti senza parole; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito (Rm 8,26-27).

Paolo Prosperi
Il canto della vita
Sulla preghiera cristiana
Cantagalli, 2023

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