Alla fine del secolo XIX la Francia fu scossa da un dramma che ne segnò la storia per decenni: un uomo fu ingiustamente condannato da un tribunale e si continuò a considerarlo colpevole anche quando i giudici ebbero le prove della sua innocenza. Il racconto di questo dramma è la materia del libro che desidero presentarvi: L’ufficiale e la spia (Mondadori 2015). Quegli eventi terribili sono passati alla cronaca con il nome di “caso Dreyfus”. Alfred Dreyfus era un capitano dell’esercito francese, alsaziano, di origine ebraica. Nel 1894 fu accusato di aver trasmesso ai tedeschi segreti di guerra. La sua condanna fu un errore giudiziario che divise la Francia in un’appassionata e drammatica controversia tra innocentisti e colpevolisti. E fece emergere una falda consistente di antisemitismo nell’opinione pubblica e una terribile paura dell’esercito tedesco che da non molto aveva sconfitto quello francese.
Il testo che vi invito a leggere non è un saggio, è un romanzo storico. È il diario avvincente di quegli anni che si immagina scritto in prima persona da colui che, ufficiale dell’esercito, arrivò a poco a poco a scoprire le prove di una menzogna che stava costando l’onore e la prigione in un’isola lontana, a un uomo, diventato il capro espiatorio del carrierismo della classe dirigente politica e militare della Francia.
L’ufficiale francese si chiamava Georges Picquart. A capo dei servizi informativi dello Stato Maggiore dell’esercito, lottò strenuamente per far riaprire il caso e far affiorare verità nascoste. Tutto ciò gli costò la carriera militare e lo sottopose a terribili prove. Soltanto quando, nel 1906, Dreyfus, anche per merito del suo coraggioso lavoro, fu finalmente scagionato, Picquart venne reintegrato per essere nominato Ministro della Guerra nel governo guidato da Clémenceau.
Il romanzo ci ridona l’atmosfera di quegli anni, segnati ancora dalla sconfitta francese del 1870, quando la Francia perdette una parte dell’Alsazia e della Lorena a favore della Germania guidata da Bismark. Ricostruisce le trame intricate della vita di tanti uomini che preferirono nascondere la verità a favore di ciò che consideravano attaccamento alla gloria della patria, dell’esercito e della propria riuscita personale.
È difficile per me ricordare un romanzo così eccellente nella scrittura, nella tensione narrativa, nella ricostruzione storica, nella passione ideale. L’autore, Robert Harris, è un famoso giornalista e scrittore inglese che divenne celebre anche in Italia nel 1992, quando venne pubblicato Fatherland, in cui immaginava un mondo dominato da Hitler, vincitore e non sconfitto nella seconda guerra mondiale. In quel caso si trattava di un racconto di pura invenzione. L’ufficiale e la spia invece rispecchia il genere preferito dal nostro Autore, è un vero romanzo storico. Su uno sfondo ricostruito in modo realistico si stagliano eventi realmente accaduti e personaggi realmente vissuti, ma la finzione sta nella creazione della vita quotidiana, nei dialoghi, nei colori di giorni, nei toni delle voci. E proprio in questo si dimostra la grande arte dell’autore: rendere unitaria una materia così complessa e viva.
Nell’immagine, Henry de Groux, «Zola à la sortie du prétoire», 1898.