Durante le ore di Religione presso il liceo Santa Margherita di Budapest, ho tenuto un ciclo di lezioni su Gesù e i comandamenti della Legge mosaica: Gesù non abolisce la Legge ma la porta a compimento, sintetizzandola con il triplice precetto dell’amore – a Dio, al prossimo, a se stessi – che porta l’uomo a realizzare l’immagine di Dio secondo la quale è stato creato, fino a poter essere misericordioso come il Padre.
A conclusione di queste riflessioni, ho proposto ai ragazzi di leggere assieme il racconto Il contadino Marej di Dostojevskij, segnalatomi da un’amica studiosa di letteratura russa.
In ogni classe, un ragazzo ha ricevuto il testo con qualche giorno di anticipo, in modo da potersi preparare e leggerlo agli altri.
Dopo la lettura ho chiesto a tutti di scrivere che cosa suggeriva loro l’ascolto di questa storia, anche alla luce delle frasi di Gesù sull’amore; ne ho proiettate alcune, soprattutto quelle in cui sono presenti due termini: come io vi ho amati; come il Padre; come te stesso. Quelle in cui l’uomo è, allo stesso tempo, oggetto e soggetto di amore.
I risultati sono stati sorprendenti: i ragazzi sono riusciti a seguire una lettura non semplice, rimanendo in silenzio e in ascolto per un quarto d’ora. Hanno così smentito nei fatti alcuni dei luoghi comuni di noi insegnanti di mezza età a proposito della capacità di concentrazione bruciata dai telefonini; quelli, per intenderci, il cui incipit è un lamentoso e polveroso “i giovani d’oggi non sanno più…”. I pensieri scritti mi hanno colpito per la varietà e la profondità: quasi tutti i ragazzi si sono lasciati toccare da ciò che avevano sentito. Uno ha scritto per esempio: «Nella vita è fondamentale imparare ad amare senza condizioni. Nel racconto il ragazzo, con l’aiuto di Dio, ha imparato come guardare, come amare le persone intorno a sé. Può darsi che questo richieda molto tempo, ma ne vale la pena, perché la nostra vita cambia completamente se comprendiamo quanto è importante l’amore». Molti hanno provato a immedesimarsi con i personaggi del racconto, a cercare nella memoria vicende analoghe vissute anche da loro; sono emerse anche alcune riflessioni e considerazioni molto personali: «Il racconto mi ha ricordato momenti in cui persone che non conoscevo sono state gentili con me. Non potevano sapere come stavo quel giorno o chi fossi, ma un semplice apprezzamento o un sorriso hanno sempre significato molto».
Ho così sperimentato la forza della parola, di una parola vera e ben espressa: le parole della Bibbia, dei grandi del pensiero e della letteratura – Platone, Agostino, Shakespeare, Dostoevskij – raggiungono il cuore dei ragazzi, illuminano le loro domande, le loro fatiche, le loro attese. E mostrano una via, la strada di chi ha già percorso un lungo tratto nel cammino verso la verità.
Insieme a questo, ho visto l’utilità della scrittura per dare forma – e, in parte, anche contenuto – alla riflessione personale. Custodisco con cura questi fogli come un dono preziosissimo, grato di poter favorire l’incontro tra i miei ragazzi e le parole vere, spettatore privilegiato di uno dei miracoli più grandi: il cuore di un giovane che si apre alla verità.
Carlo Fumagalli è viceparroco di San Francesco d’Assisi e insegnante di Religione a Budapest. Nella foto, una veduta della capitale ungherese.