Se ripenso a come il Signore è entrato nella mia vita e mi ha chiamato ad essere sacerdote, devo ammettere che ci sono stati innumerevoli segni che, poco alla volta, hanno fatto sorgere in me l’idea di potermi donare totalmente a Cristo. Direi che si è trattato di una lunga preparazione con la quale il Signore mi ha mostrato, sempre più chiaramente, la sua volontà.
Il primo incontro con il Signore l’ho fatto attraverso la mia famiglia, soprattutto i miei genitori, ma poi anche grazie ai nonni e agli zii. Sono cresciuto in una famiglia che per me è stata, e continua ad essere, riflesso dell’amore, della gratuità e della misericordia divina.
Anche la comunità cristiana del mio paese, Macherio, è stata un altro ambiente dove ho potuto fare esperienza della vicinanza del Signore. Ricordo il parroco don Giuseppe Corti con cui è nato il gruppo dei chierichetti e che mi ha seguito per tutto il tempo della mia infanzia, il coadiutore don Massimo Donghi, con cui abbiamo condiviso tanti anni di oratorio estivo, il gruppo sportivo con i vari responsabilli, il gruppo delle catechesi, del teatro… Sono stato sempre circondato da un ambiente che mi parlava direttamente o indirettamente della bellezza e della gioia dell’essere cristiano.
Poi è arrivato il tempo dell’università. Mi sono iscritto alla facoltà di Economia dell’università Cattolica di Milano dove ho avuto l’opportunità di conoscere il movimento di Comunione e liberazione. Quegli anni sono stati decisivi per capire meglio dove il Signore mi chiamava, grazie all’incontro con don Giussani, attraverso i suoi scritti, attraverso alcuni sacerdoti che seguivano i giovani universitari, soprattutto grazie ad alcune amicizie speciali. A volte tornavo a casa con il desiderio di raccontare quello che avevo vissuto in università: la caritativa, la scuola di comunità, il coro alpino… Ma soprattutto cresceva in me come un fuoco che mi spingeva a lanciarmi nel mondo nonostante la mia timidezza. Ricordo che mi entusiasmava fare catechismo a un gruppo di ragazzi dell’oratorio, mettermi a disposizione per la messa infrasettimanale, collaborare alle iniziative che nascevano in parrocchia.
Tanti altri fatti sono poi successi durante gli anni intercorsi tra l’università e il periodo in cui ho lavorato in un’impresa di Monza. La morte di san Giovanni Paolo II fu l’occasione per conoscere meglio la vita straordinaria di un grande papa che mi aveva entusiasmato con il suo coraggio e la sua certezza. La lettura casuale di un libro sulla vita di Padre Pio accese in me il desiderio di una donazione totale e senza limiti a Cristo, morto per amore degli uomini. L’esperienza di carità con persone disabili, fatta mentre collaboravo con l’associazione Alecrim, mi fece scoprire la gioia che si trova nel donarsi gratuitamente a chi ha più bisogno. Poi scoprii l’esistenza della Fraternità san Carlo Borromeo, lessi alcuni libri del fondatore, don Massimo Camisasca, feci amicizia con alcuni suoi sacerdoti: iniziò così a prendere concretezza quel cammino del quale oggi posso solo essere grato al Signore.
Nella foto, don Tommaso (a sinistra) con don Alessio Cottafava, suo compagno di missione a San Bernardo (Cile).