La proposta di partecipare alla costruzione del Meeting di Rimini e una frase di papa Francesco. Fino a scoprire l’importanza di condividere la vita.

«Siate pastori con l’odore delle pecore». Questo richiamo continuo del Papa ai preti mi ha interrogato fin da subito. Non era certo una novità assoluta: don Massimo in seminario ha sempre molto insistito sulla condivisione della vita come metodo della missione. Eppure l’insistenza del Papa non mi dava tregua. Cercavo di capire che cosa ancora dovessi correggere nel mio lavoro con gli studenti universitari di Bologna.
Nella tarda primavera, come ogni anno, abbiamo proposto a questi ragazzi di partecipare al “pre-Meeting”. Si tratta di una settimana di lavoro per la costruzione del grande evento culturale che ha luogo a fine agosto a Rimini. Da studente di architettura vi avevo partecipato anch’io. Così, mentre lo proponevamo a loro, ho pensato che avrei potuto dedicare anch’io un po’ delle mie vacanze a questo gesto di carità fatto insieme ai ragazzi. D’altra parte «fare insieme» è sempre stato un cardine della proposta pedagogica di don Giussani. Così è nata l’idea di arruolarmi coi volontari per una settimana di lavoro.
Si sarebbe detto che la mia laurea in architettura mi avrebbe ottenuto un incarico “dirigenziale”. Invece sono stato assegnato alle squadre speciali: «Farete un po’ di tutto. Soprattutto dovrete essere pronti a lasciare ciò che state facendo nel caso vi destinassimo ad un altro lavoro più urgente». Ho pensato che alla fine non era molto diverso dalla vita della Fraternità san Carlo… E così è arrivata la prima destinazione: Medio Oriente! Assieme a quattro giovani amici sono stato mandato ad allestire una mostra fotografica sulle persecuzioni dei cristiani, che proprio questa estate hanno avuto una drammatica recrudescenza. I primi due giorni di lavoro sono stati faticosi, tra stucco da legno, carta vetrata e vernice. Poi un lavoro più di concetto, tra tronchesini e cavetti d’acciaio ribelli. La nostra squadra non è mai stata spostata e abbiamo visto crescere la mostra davanti ai nostri occhi. Quando il muletto ha consegnato in cantiere le foto, la commozione per il dramma raccontato è stata grande. Anche la fatica è stata ampiamente ripagata dalle ragioni cristalline di un piccolo sacrificio fatto per mostrare a tutti il martirio dei fratelli di quella parte del mondo.
Dentro l’entusiasmo per vedere crescere la nostra opera come fosse una grande cattedrale, ho assaporato la letizia per la stanchezza fisica, e la gratitudine per aver partecipato alla costruzione del Meeting.
Spesso, durante il lavoro ci siamo scontrati con utensili inadeguati e materiali “di risulta” un po’ accomodati. Era evidente che il primo ad essere inadeguato ero io con la mia scarsa manualità, ma quando si offre tutto a Dio, il risultato è frutto Suo. Papa Francesco ha detto ai preti il giovedì santo: «È bene che la realtà stessa ci porti ad andare là dove ciò che siamo per grazia appare chiaramente come pura grazia, in questo mare del mondo attuale dove vale solo l’unzione – e non la funzione -, e risultano feconde le reti gettate unicamente nel nome di colui del quale noi ci siamo fidati: Gesù».

Nella foto, volontari del «pre-Meeting» al lavoro (foto Giacomo Bellavista).

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