L’esperienza del pellegrinaggio insegna l’affidamento a Dio e la comunione con gli altri.

Da Lisbona a Fatima, ogni primavera, con un gruppo di universitari. Due pellegrinaggi di una settimana, a piedi, fino a Santiago di Compostela. Negli ultimi quattro anni, infine, guido il gruppo internazionale di più di mille maturandi e laureandi del movimento di Comunione e liberazione: 160 chilometri da Cracovia al Santuario della Madonna Nera di Czestochowa. Ho ricevuto lo grazia di aver compiuto nella mia vita diversi pellegrinaggi, e ogni volta si è rinnovata in me la consapevolezza che l’affidamento a Dio, attraverso la Madonna o un santo Apostolo, è la strada più adeguata per il compimento della propria vita e vocazione.
Sin dal Medioevo, del resto, i pellegrinaggi emergono come tempi fondamentali per la vita dei cristiani. Viaggiare alla volta della Terra Santa, di Santiago o di Roma significava compiere un’esperienza intensa, irripetibile. Forse perché c’era anche la possibilità di non tornare vivi. Ma certamente quei cammini erano una forma unica di preghiera, di penitenza, di offerta della propria vita, erano settimane, mesi, dedicati unicamente a Dio.
Posso immedesimarmi in un’esperienza simile se penso a quello che ci accade, per esempio, con il pellegrinaggio in Polonia. Si parte con il meno peso possibile da portarsi dietro: niente computer, musica o televisione; abiti comodi e leggeri; cibo non deperibile in quantità ben misurate. Si cammina per le strade di un paese lontano, non si capisce una parola della lingua polacca (a parte intuire le parole delle preghiere e della messa, con qualche sorriso sentendo parole declinate come «Jezusa Christusa» o «Giussaniego»). Infine, con gli amici si tenta di progettare come montare ogni sera la tenda per dormire, si parla delle scarpe giuste per non avere le vesciche, si pensa a chi sarà il compagno lungo la strada.
Il resto è nelle mani di Dio. C’è il giorno in cui piove e tutto dà fastidio; c’è invece il giorno di sole in cui la bellezza del paesaggio rapisce. Può capitare di compiere un tratto di cammino a fianco a uno sconosciuto, che ti riempie di domande, mentre nella pausa per il pranzo puoi incontrare un vecchio amico del liceo, con cui non parlavi da anni, che ti dice che entrerà in seminario. In un momento di canti ti puoi commuovere, così come durante l’omelia di un cardinale polacco. Svegliarsi prima dell’alba o non avere un bagno per parecchie ore di fila può, d’altro canto, diventare una prova che sembra insuperabile.
Alla fine, sul lungo viale verso la cappella che ospita l’icona della Madonna di Czestochowa, tra i canti mariani e il salmo Non nobis, dimentichiamo tutte le pene e le fatiche, mettiamo da parte anche quelle piccole intenzioni che ci avevano mosso. Nel frattempo, tutti abbiamo capito che ciò che è essenziale è affidare tutta la nostra persona e la nostra vita a Dio. Se i nostri progetti per il futuro andranno come abbiamo immaginato, oppure se si dissolveranno il giorno dopo, non sarà più importante. Durante il cammino, come nella vita, l’esperienza ci ha mostrato che le circostanze sono imprevedibili, ma che ogni difficoltà si può superare con letizia, se siamo insieme agli altri e insieme a Dio.

 

(foto Moreno Berti)

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