Ogni paese ha il suo stereotipo. Negli Stati Uniti, il Minnesota è conosciuto per il fenomeno del cosiddetto Minnesota Nice, un’espressione utilizzata per descrivere il comportamento degli abitanti di questa terra, considerati particolarmente riservati, cortesi e di buone maniere. Spesso, però, dietro questo velo di cortesia, si nascondono grandi drammi: a volte inizi a conoscere le persone e incontri la solitudine profonda in cui vivono. Quando poi si arriva vicino alla morte, la solitudine diventa ancora più drammatica.
Me ne sono reso conto quando John, un uomo che frequenta sempre la messa nella nostra parrocchia, mi ha detto: “Devi venire a trovare questo mio amico che sta morendo. Ha un cancro e non va più in chiesa da quarant’anni, da quando ha ricevuto la cresima. Però io – dice da buon americano – lo voglio salvare! Quindi devi venire a dargli i sacramenti”. Mentre ci dirigiamo verso la macchina, gli rispondo: “Va bene, vengo, però dimmi qualcosa di quest’uomo, così da avere un appiglio per parlare con lui”. “Gli piace lo sport; gli piace l’hockey”. Dato che a me lo sport piace moltissimo, prima di partire rientro in casa dove ho praticamente i cappelli di tutti gli sport, e mi metto quello della squadra di hockey, i “Minnesota Wild”. Quando sono entrato nella stanza dell’ospedale, l’amico di John, che già borbottava, appena ha visto la scritta “Minnesota Wild” si è illuminato e abbiamo iniziato a parlare. Sono andato a trovarlo regolarmente per un mese. Non si parlava di altro se non di sport!
Ad un certo punto, la sua condizione fisica si è repentinamente deteriorata. La morte era ormai prossima. Era il giorno dopo Pasqua. Mi chiamano dall’ospedale e mi dicono: “Lui vuole vederti”. Arrivo di corsa e lui: “Voglio confessarmi”. Gli amministro i sacramenti e il giorno dopo muore.
Questa vicenda mi ha colpito perché, nella banalità del cappellino da hockey, si è ripresentato un aspetto che avevo imparato durante questi anni di missione con gli altri preti della delegazione del Nord America. Un aspetto che si ritrova anche nella grande storia dei missionari venuti in America nei secoli scorsi. Se allora si mangiava il cibo degli indiani per condividere la loro vita, adesso il “cibo degli indiani” è lo sport. Anche le cose più banali possono essere lo spunto per avvicinarsi a un uomo e accompagnarlo al suo destino.
(nella foto, i Minnesota Wild)