Abbiamo una tradizione in Cile che ogni anno mobilita molti giovani in tutto il Paese. È un’iniziativa promossa dalla Chiesa, preoccupata per la scarsa evangelizzazione delle campagne. Si tratta delle misiones, un gesto che negli anni abbiamo riscoperto e valorizzato perché ha un profondo impatto educativo sui giovani partecipanti. Si svolgono lungo una settimana durante le vacanze estive, nella scuola di un paese che si trova trecento chilometri a sud di Santiago. Dalla nostra parrocchia vi giungono una sessantina di giovani dai sedici ai ventiquattro anni.
Quando abbiamo cominciato era evidente che non bastava richiamare i ragazzi a vivere un momento di generosità, ma era necessaria una proposta che alimentasse innanzitutto la vita di chi vi aderiva. Così, ad esempio, mentre prima i giovani missionari venivano sparpagliati in piccole comunità acefale, noi abbiamo scelto di radunarli tutti nello stesso luogo. Le misiones sono diventate sempre più una settimana di vita comunitaria guidata, di missione, di cultura e carità, all’insegna del motto benedettino “Ora et labora”.
Nei giorni immediatamente precedenti, i giovani si preparano su un testo – brani del Vangelo, opere letterarie, ecc. -, da proporre poi come catechesi agli abitanti del luogo. In questa e in altre occasioni, sono chiamati da chi guida ad una corresponsabilità nella costruzione dell’opera e invitati a scoprire l’origine della comunione che nasce tra loro.
Fin dalla sveglia, la giornata è un invito continuo ad uscire da sé. Dopo le lodi e un momento di silenzio personale, i ragazzi si dividono a gruppetti e incontrano gli abitanti del paese, dando loro appuntamento alla sera per la messa e la catechesi. Al pomeriggio si riuniscono in un’assemblea guidata da un sacerdote: qui rifluisce il lavoro del silenzio e l’esperienza di testimonianza fatta durante la mattina. Dopo la messa si svolge la catechesi con le persone invitate, divise tra bambini, giovani e adulti. È commovente vedere i nostri ragazzi che affrontano le inquietudini e le tante domande della gente, che cercano di valorizzare ogni briciola di verità mettendo in gioco la propria esperienza, che giocano e cantano con i più piccoli.
La giornata è scandita anche dal lavoro manuale: si prepara la sala, si apparecchia la tavola, si lavano i piatti, si puliscono gli spazi comuni, in particolare i bagni. Ogni gesto assume la dignità del lavoro vero, che è preghiera. I giovani si ritrovano così a vivere un’esperienza di unità nei diversi aspetti della vita. Come diceva una di loro, “una bellezza ci chiama e ci cerca” attraverso i vari momenti della giornata. Una bellezza da scoprire, dentro le circostanze che sono la voce di Dio.
Questa scoperta coincide con un’intuizione davvero rivoluzionaria: il sacrificio non è un ostacolo, ma la condizione per un rapporto più vero con tutto. Anche la fatica di obbedire a orari e turni o di rispondere ad altri, diventa occasione per riscoprire quella bellezza che la pigrizia rischia di farci smarrire. La giornata si conclude con la preghiera comune e con il silenzio, che aiuta a custodire ciò che Dio ha compiuto in noi e fra di noi durante il giorno.
Ciò che accade dopo le misiones è molto interessante. Nei loro occhi e nei loro cuori è nata una differenza che contesta l’indifferenza in cui sono immersi: toccati dalla bellezza, si è introdotta nella loro vita una misura nuova.
Nell’immagine, canti con i giovani della parrocchia “Beato Pedro Bonilli”, Santiago del Cile.