Suor Eleonora, che pronuncia i voti definitivi il 4 aprile, ci racconta la storia della sua vocazione.

Alcuni dei ricordi più cari della mia infanzia sono le serate di giochi e canti trascorse con i miei, insieme ad altre giovani famiglie della zona di Milano in cui sono nata. Queste serate si concludevano sempre con la preghiera comune: uno dei nostri papà elencava tutte le persone che avevano bisogno dell’aiuto particolare di Dio e le situazioni nel mondo da tenere nel cuore durante l’Ave Maria (gli amici polacchi che soffrivano, il sacerdote partito per l’Argentina, ecc…). È così che io e mia sorella abbiamo respirato fin da subito la vita della Chiesa, nella specificità del movimento di Cl, e l’appartenenza a una storia bella che ci precedeva e contemporaneamente ci dava orizzonti grandi. Questa germinale esperienza è fiorita nel tempo, con diverse sfumature, fino ad assumere il colore nitido della mia vocazione.

Ho avuto la grazia di frequentare le scuole nate dall’esperienza educativa di don Giussani: qui ho iniziato a vivere le prime vere amicizie, in particolare quella con Lucia, una ragazza con la sindrome di Down che mi ha mostrato la bellezza dell’abbandonarsi all’amore di Dio nelle piccole cose quotidiane.

Nel settembre del 2003 mi sono iscritta alla facoltà di Medicina. I primi esami sono stati ostacoli molto duri e gli amici del Clu si davano il cambio per aiutarmi a studiare. Col tempo, alla fatica si è sostituita una grande gratitudine per questa carità così concreta, per l’educazione che insieme ricevevamo ad aprirci al mondo, ad interessarci delle cose che succedevano, ad appassionarci al nostro studio e al futuro lavoro di medici. L’esperienza nel reparto di Oncologia ha contribuito ad acuire il bisogno di spendermi per far conoscere agli uomini il senso della vita che io avevo incontrato. Così, poco per volta, è cresciuto in me il desiderio che tutti potessero partecipare dell’amicizia che mi aveva coinvolto, insieme all’idea di dare la vita per i miei amici.

Nel 2006, al Meeting di Rimini, ho conosciuto la Fraternità san Carlo, in particolare don Emmanuele Silanos. In quei giorni, sentii da lui questa frase: “Noi non partiamo per un attivismo missionario, ma per portare nel mondo la comunione che viviamo con Dio e tra noi”. In questi sacerdoti ho visto uomini liberi perché figli, amici, innamorati di Cristo, ciascuno con la sua fisionomia particolare. Per la prima volta ho desiderato di vivere esattamente come loro. L’anno successivo ho incontrato Rachele. Dal dialogo con lei ho capito che forse il Signore aveva preparato un posto per me, dove poter vivere un rapporto preferenziale con Lui attraverso la comunione con altre donne che avevano i miei stessi desideri.

Dal 2010, quelle donne sono diventate mie sorelle. Con loro condivido tutto di me, i doni che Dio mi ha dato ma anche i miei limiti e il mio peccato. Insieme preghiamo, studiamo, lavoriamo, andiamo in missione, ci prendiamo cura della casa, camminiamo sulla via della conversione, sperimentiamo la grazia del perdono. Guardando la mia casa, posso davvero affermare che l’amore di Dio è fedele. A questo amore desidero rispondere per sempre.
elenora ceresoli

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