Colonia, 16 gennaio 2015
Carissimi amici,
in questi miei primi tempi di missione a Colonia le settimane trascorrono velocissime, al punto che forse avrei la necessità di osservare, più spesso di quanto non faccia, ciò che accade. Cerco di farlo scrivendovi queste poche righe.
I miglioramenti con la lingua mi sembrano sempre minimi, a volte mi sento come i protagonisti del film The Way Back, che per scappare dal gulag devono attraversare la Siberia e il deserto del Gobi: un viaggio interminabile in cui il paesaggio rimane per settimane, inesorabilmente, uguale. Però il desiderio di poter comunicare con le tante persone che incontro è la spinta più grande per portare avanti questa fatica.
Già dopo qualche settimana dal mio arrivo, don Romano, uno dei preti con cui vivo in casa, mi ha chiesto di predicare durante la messa nei giorni feriali. È un compito molto bello perché sono costretto a rileggere più volte durante la settimana le letture, immergendomi in esse, cercando poi di trasmettere ciò che comunicano alla mia vita, attingendo anche a tutto ciò che mi è stato insegnato in seminario. Naturalmente leggo un testo che ho scritto. Per i parrocchiani deve essere come vedere un bambino di prima elementare che legge delle cose troppo complicate per la sua età.
Per testare il nostro livello di tedesco e per una full immersion nella lingua, alcune settimane fa io e Patrick (un seminarista in formazione qui a Colonia) siamo andati all’Università di Eichstätt per un convegno sulla teologia del corpo. Assistere agli interventi è stata dura, ma anche molto interessante. È stato un vero regalo, d’altra parte, incontrare là alcuni ragazzi del Clu che ci hanno invitato a cena a Monaco il sabato sera. Una serata bellissima: Patrick ha preparato il risotto per tutti, eravamo in quindici, poi ne sono arrivati altrettanti e abbiamo cantato fino a tarda sera.
Anche il lavoro con il gruppo dei ragazzi delle superiori di Colonia, pian piano, sta andando avanti… L’incontro con loro è ogni due settimane. Così, cerco di vederli un po’ più spesso andando ogni settimana a scuola da don Gianluca. Pranzo in mensa insieme ad alcuni di loro, per costruire un rapporto più familiare.
Prima di Natale abbiamo partecipato alla festa della scuola. Alle 11 messa, poi tutti a scuola. Ogni ragazzo era impegnato in qualcosa: chi suonava (violino, un trio di fiati…), chi faceva le foto, chi vendeva würstel, torte, birra o tè, libri, oggetti usati. C’era la pasticceria italiana, la sala da tè inglese, la stanza degli esperimenti di chimica e di fisica, la libreria, e poi studenti, genitori, insegnanti, ex alunni… Insomma, una gran bella festa. Ho reincontrato con gioia tanti ragazzi che avevo conosciuto qui quattro anni fa, durante il mio anno di formazione in missione. Chissà se potrà ricominciare qualcosa anche con loro.
Con i ragazzi della parrocchia, il gruppo che ha fatto la cresima, è più difficile incontrarsi. Dopo aver ricevuto il sacramento pochi tornano in chiesa, così vado a trovarne alcuni a casa. Nel frattempo ho iniziato a prendere parte all’incontro serale che don Lorenzo tiene con i catechisti. È interessante assistere a come continuamente li sfidi a guardare alla loro esperienza e a stare con i ragazzi a partire da proprio da lì. È sempre dietro l’angolo il rischio di cadere nella ricerca della “tecnica” migliore per attirare i ragazzi, per fare qualcosa di “nuovo” che finalmente faccia venir loro voglia di rimanere.
Con i bambini più piccoli, il gruppo dei Martins Ritter, i Cavalieri di san Martino, da gennaio abbiamo iniziato a riunirci ogni due settimane. Ci sono i giochi, poi raccontiamo loro la vita di un santo (quest’anno Elisabetta), cantiamo e mangiamo qualcosa, poi messa tutti insieme. Ho iniziato così in queste settimane a conoscere i vari chierichetti che servono messa la domenica e a invitarli.
Sono tornato in Germania dopo quattro anni. Mi ha impressionato il fatto che alcuni ragazzi conosciuti allora si ricordino ancora di alcuni dialoghi avuti fra noi oppure delle cose, talvolta anche molto banali, che avevamo fatto insieme. Ogni parola, ogni gesto di fronte a loro ha un valore eterno, non appena perché se lo ricordano, ma perché è di fronte a Dio.
Un abbraccio,
Davide
Nella foto, Davide Matteini, secondo da destra, in un momento di canti con gli studenti.