Qualche giorno fa ho conosciuto un medico alla cappellanìa universitaria di Vienna. Lavora con i disabili, quando ha finito il suo turno, offre un servizio di pronto soccorso ai senzatetto. Qual è la sua motivazione? Rendersi utile all’umanità, fare del bene. Ma comincia a rendersi conto che l’approccio umanistico non basta, che appoggiandosi soltanto sulle proprie forze ci si stanca.
Mentre parlavo con lui, pensavo alle suore di Madre Teresa che nella nostra città accolgono donne abbandonate e allestiscono una mensa per i poveri. Sono circondate da poca bellezza e grandi problemi. Loro stesse vivono una vita semplice, scandita dal duro lavoro manuale e dalla cura delle persone che bussano alla loro porta. Escono soltanto per andare a messa o a visitare i poveri, a casa o in carcere. Il loro passatempo, il loro “punto di fuga” sono la vita comune, la preghiera e il servizio ai più bisognosi.
Spesso sono donne fragili, forti di un’energia che non appartiene a loro. È un segreto che ho scoperto anni fa, quando mi trovavo in Yemen. L’allora presidente Ali Abdullah Saleh aveva invitato le suore ad aprire delle case nel suo Paese. Madre Teresa aveva risposto ponendo una sola condizione: che ad accompagnare le missionarie fossero dei sacerdoti, per garantire la santa messa quotidiana e l’adorazione del Santissimo Sacramento. È lui il centro della casa, della vita e della missione. È questa sua presenza che dà inizio alle giornate, che si irradia nel lavoro e si diffonde nella comunità. Da allora, ovunque ho incontrato le Missionarie della carità, dallo Yemen alla Terra Santa, da Berlino a Vienna, ho potuto notare questa semplicità, questa disponibilità a donarsi ai più bisognosi e, al contempo, una vita a cui non manca nulla, un’allegria che si nutre della Sua presenza. Queste donne ci testimoniano che per vivere abbiamo bisogno soltanto di Cristo.

(nell’immagine, una veduta di Vienna).