Nella compagnia cristiana i ragazzi fanno l’esperienza della libertà.

Una delle cose più incredibili e affascinanti di questi anni di seminario è sicuramente la caritativa a Frascati il sabato pomeriggio. I superiori hanno chiesto a me e a un altro seminarista di accompagnare, insieme ad una famiglia del movimento, nella cittadina dei Castelli Romani, un gruppo di ragazzini delle medie. Laura insegna Matematica e li invita in parrocchia ogni settimana per giocare con loro, fare merenda, andare a messa insieme.
Qualche mese fa, abbiamo raccontato ai ragazzi la storia di Edimar, un ragazzino brasiliano ucciso a 14 anni perché aveva incontrato una amicizia simile alla nostra e desiderava non avere più nulla a che fare con le cattive compagnie che aveva frequentato fino a quel momento. Mi ha impressionato vedere i ragazzi che, ad ogni puntata, si appassionavano sempre di più alla storia. Nonostante la limitata capacità narrativa di noi seminaristi, loro ricordavano per filo e per segno, di settimana in settimana, tutti i dettagli della vicenda. Ogni volta, noi facevamo ripercorrere l’intera storia ad uno di loro, in modo che chi ne avesse perso qualche parte potesse avere presente quello che era accaduto. Il culmine lo abbiamo raggiunto quando abbiamo conosciuto via Zoom la professoressa brasiliana che aveva fatto incontrare a Edimar la nuova compagnia. Solo in quel momento, i ragazzi hanno realizzato che non si trattava di una storia inventata ma che qualcosa di straordinario era realmente accaduto.
Alla domanda su che cosa li avesse colpiti, i ragazzi hanno risposto in diversi modi: “Mi ha colpito il cambiamento di Edimar, perché prima era solo, poi ha incontrato una compagnia di amici”; “Mi ha sorpreso la forza che ha avuto Edimar di lasciare tutto per ricominciare da capo”; “Ha lasciato la sua banda per andare con gli amici”. Mi sono chiesto come mai ragazzi di 11, 12 anni, fossero così affascinati dalla trasformazione radicale della vita di un ragazzo della loro stessa età, quale fosse l’esigenza per cui desideravano questo cambiamento per sé. Ho avuto una risposta pochi mesi più tardi, quando, dopo aver fatto vedere loro un breve video, abbiamo chiesto cosa significasse essere accolti. Una ragazza ha alzato la mano: “Qui mi sento accolta perché sono libera di dire quello che penso e non ho paura di mostrarmi per quello che sono”. Forse i ragazzi di oggi sono costretti dalla mentalità comune a dire e a pensare l’uguaglianza, la libertà e la parità in un certo modo. Forse la “libertà” che il mondo tanto declama è per loro qualcosa di astratto e non un’esperienza. Sta di fatto che una ragazzina di dodici anni si sente libera di dire quello che pensa solo in una compagnia cristiana di amici.

Nella foto, un momento di gioco con il gruppo di ragazzi delle medie a Frascati.

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