È in libreria il nuovo libro di Gianluca Attanasio “L’amore che non muore”. Sono meditazioni sulla passione di Gesù che possono accompagnare la riflessione per la Quaresima. Di seguito uno stralcio dalla prefazione di Paolo Sottopietra.

L’immaginazione è sempre stata un’alleata di chi ha voluto immedesimarsi nei fatti narrati dai vangeli.
Francesco ha pensato al presepio per poter entrare fisicamente nella grotta dove Maria ha messo al mondo il Salvatore. Bernardo, un secolo prima, insegnava a “guardare” i vangeli. L’incarnazione stessa – spiegava ai suoi monaci – ha aperto alla fede questa nuova possibilità: «Se egli non fosse venuto in mezzo a noi, che idea ci saremmo potuti fare di Dio? Sarebbe rimasto incomprensibile e inaccessibile, invisibile e del tutto inimmaginabile. Invece ha voluto essere compreso, ha voluto essere veduto, ha voluto essere immaginato». Anche Ignazio di Loyola, quattro secoli più tardi, invitava ad usare «la vista dell’immaginazione» per ritrovare i luoghi della vita di Cristo. E infine Giovanni Papini, in piena epoca razionalista, riscopre che proprio in questo modo i vangeli diventano vivi: «Per l’uomo di immaginazione, tutto è nuovo e presente».
Seguendo i santi e il senso della fede del popolo cristiano, artisti di tutti i tempi hanno raffigurato il volto e la persona di Gesù. Molte di queste opere hanno accompagnato la devozione di generazioni di cristiani, aiutandoli a contemplare Colui che veneravano. Fin dagli inizi, le sepolture dei battezzati sono state ornate da affreschi e bassorilievi. Icone e statue vengono da secoli portate in processione durante le feste più importanti. I sacri monti, disseminati sulle pendici delle Alpi, custodiscono scene della vita di Cristo riprodotte in grandezza naturale. Anche molti scrittori si sono rivolti alla figura di Gesù, dedicando alla sua vicenda romanzi e ricostruzioni letterarie. Il cinema ha più volte cercato di restituirci le fattezze, le espressioni e la voce dell’uomo-Dio.
Il libro di Gianluca Attanasio si inserisce in questa tradizione. Ed è questa la prima ragione per cui vale la pena di leggerlo. Vuole aiutarci a “vedere Gesù”, come chiese un giorno un gruppo di greci all’apostolo Filippo.
Le meditazioni raccolte in questo libro ci fanno scontrare con la materialità della passione di Cristo.
Sono legato a Gianluca da una cara amicizia e so che queste pagine nascono da un’esperienza personale di sofferenza, oltre che dalla sua vita di sacerdote. La meditazione della passione di Cristo lo ha aiutato a riconoscere il senso di ciò che ha attraversato.
Questo libro è dunque volutamente rivolto anche a chi vive nel travaglio interiore o nella malattia. Dopo aver subito l’attentato del 1981, Giovanni Paolo II ha scritto che «Cristo ha aperto la sua sofferenza all’uomo, perché egli stesso è divenuto, in un certo senso, partecipe di tutte le sofferenze umane». Perciò «l’uomo, scoprendo mediante la fede la sofferenza redentrice di Cristo, insieme scopre in essa le proprie sofferenze, le ritrova arricchite di un nuovo contenuto e di un nuovo significato». Non è un’esperienza scontata, conclude il papa polacco, «a volte c’è bisogno di tempo, e persino di un lungo tempo».
Gianluca ha sperimentato in prima persona la necessità di questa pazienza, vissuta in un lavoro personale che rimane nascosto agli sguardi dei più. Comprendendo così dall’interno la fatica di chi soffre, ha scelto di indicarci la luce che ha scoperto nel Cristo sofferente. In questa luce ciascuno può trovare sollievo e queste pagine gli terranno compagnia lungo il cammino.

Nell’immagine: Pietro Lorenzetti, «Deposizione dalla croce», affresco della Basilica inferiore di san Francesco, ad Assisi (1319).

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