La vera realizzazione della vita è il dono totale di sé: la testimonianza di un seminarista da Asunción.

Sono in Paraguay da settembre. Condivido con João, anche lui seminarista, le attività che ci sono affidate nella clinica di padre Aldo e attorno alla parrocchia di San Rafael dove lavorano padre Javier, padre Franco e padre Patricio. La vita vissuta gomito a gomito con João, e la condivisione della casa con gli altri preti della Fraternità, accentua in un certo senso le differenze tra noi e mostra come ciascuno sia, per storia e temperamento, differente dall’altro. Questa peculiarità che ogni missionario possiede mi spinge a pormi una domanda: che cosa posso apportare di mio, che cosa c’è che soltanto io sono chiamato a dare? È una domanda che ritorna mentre parlo ad un malato, mentre gioco con i ragazzi, mentre apparecchio la tavola. È una domanda che a volte trova una facile evasione nel tentativo di rispondere ad un altra domanda: che cosa sono capace di fare? Ossia, qual è il mio talento?
Ho sempre avuto una passione per la scrittura. E molte volte mi sono chiesto se questa predilezione potrà essere usata per la missione. Recentemente, ho inviato il testo di una canzone ad un amico che scrive e canta molto bene. Mi ha risposto con una bellissima canzone dove si dice, tra le altre cose: «Avrei bisogno di dirti le cose che non vorresti sapere»; «Dio distribuisce i suoi doni un po’ come gli pare». È un amico che mi corregge e mi spinge a dare tutta la mia vita piuttosto che una parte sola, il talento.
Ho ascoltato questa canzone dopo essere tornato da una vacanza fatta con un gruppo di ragazzi. Ero contento ma preoccupato per il fatto che alcuni di loro mostravano di avere problemi di fronte ai quali mi sentivo inutile. Ricevere questa canzone è stata una sorpresa e un sollievo, perché mi si è chiarito ancora una volta il punto di partenza: non posso rispondere ai problemi degli altri con le mie presunte capacità, ma solo con la disponibilità a donarmi.
Così, in questi giorni sorgono nuove domande: che cosa sei disposto a fare per la gloria del Signore? Se occorresse, rinunceresti alle cose che ti vengono bene o ai tuoi piccoli sogni? Le domande aumentano e si fanno sempre più scomode: daresti tutta la vita per il Signore? E per il malato terminale della clinica? La daresti per i bambini con cui giochi a palla avvelenata, per il movimento del Paraguay, per i tuoi fratelli in casa? Se presa sul serio, la domanda fa tremare i polsi; ma un debole desiderio di dire “sì” ti fa vivere più leggero. Che allora sia questa, l’opera d’arte, il libro che ho sempre voluto scrivere: donarmi ogni giorno di più, fino alla fine.

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