La nonna Nora lo aveva detto, e ne era certa. In un sogno, agli inizi degli anni ’80, il papa Paolo VI le rivelò che avrebbe avuto una nipote suora e un nipote sacerdote. Per lei, che era stata amica di papa Montini quando ancora era arcivescovo di Milano, fu una vera profezia. Qualche anno dopo, nel 1985, mia cugina Paola entrò nel noviziato delle suore francescane di Egitto. Mio fratello Marco, maggiore di me di nove anni, era l’unico a ricordarsi del sogno di mia nonna: temeva che sarebbe toccato a lui diventare prete! Così, quando nel 2009 gli dissi che sarei entrato in seminario, mi raccontò questa storiella. La “profezia” di Paolo VI sembrava stesse per compiersi!
In realtà, non avevo mai pensato di diventare sacerdote e mia nonna non ha fatto in tempo a mettermi in testa questa idea. Sono stato educato nella fede dalla mia famiglia, dalla comunità della mia parrocchia, dall’esempio dei miei zii e cugini. Fin da piccolo mi piaceva pregare, sapevo che Gesù e Maria mi ascoltavano e quindi mi rivolgevo spesso a loro. Gli anni dell’adolescenza sono stati i più turbolenti. Dentro le nuove difficoltà che incontravo, la mia fede si raffreddò. A scuola andavo proprio male. In quegli anni, però, la vicinanza di mia sorella Laura e alcune amicizie vere mi aiutarono a mantenere vivo il desiderio di una vita piena. Così, quando iniziai Ingegneria, l’incontro con un compagno di corso che apparteneva a Comunione e liberazione fu la scintilla che riaccese il fuoco.
Con i nuovi amici ciellini la mia vita cambiò profondamente. Lo studio insieme, la scuola di comunità, i canti, le vacanze, la caritativa e l’impegno nell’ambiente universitario diventarono tante strade che portavano a un unico centro: Gesù Cristo. Rapidamente, alla laurea triennale seguì la magistrale. Con Marco, Simone e i due Giovanni avevamo deciso di andare a fare un anno in Erasmus. Sognavamo Barcellona, ma le circostanze ci portarono a Vienna. Lì ho conosciuto la Fraternità san Carlo. Don Pepe Claveria, che allora seguiva gli universitari del Movimento, ci mise al lavoro perché la nostra amicizia fosse al servizio di chi cercava Cristo. Fu un anno di missione, oltre che di studio. In Pepe ho incontrato un amico e un padre: di lui mi colpiva la certezza della vocazione, donata a Dio e alla Chiesa senza compromessi.
Tornando in Italia, a 22 anni, avevo poche idee ma chiare: volevo essere missionario, vivere con i miei amici e per i miei amici, sposarmi. Al tempo stesso, avevo imparato una nuova disponibilità verso la vita. Chiedevo: che cosa vuoi da me, Signore? Lui ha voluto darmi subito una nuova idea, quella stessa estate al Meeting di Rimini. Un pomeriggio andammo a visitare la mostra sulla resistenza italiana. La parte finale dell’esposizione era dedicata alla vita di Rolando Rivi, seminarista reggiano, martire per mano dei partigiani comunisti. «Io sono di Gesù»: questa frase di Rolando era la sintesi della sua vita di ragazzo semplice e innamorato, che sognava di diventare sacerdote missionario. In quel momento, per la prima volta e con un po’ di commozione, capii che cosa Dio volesse da me. L’anno seguente, nel pellegrinaggio a Czestochowa, chiesi alla Madonna Nera di insegnarmi a dire “sì”. In questa occasione, conobbi don Matteo Invernizzi, che mi accompagnò con la sua amicizia nel cammino di verifica della vocazione e in tutti gli anni della formazione.
In seminario ho conosciuto veramente la Fraternità san Carlo, e ho capito di aver trovato la perla preziosa che era interrata nel campo. Ma soprattutto ho capito che sono stato salvato, cercato e convertito da Colui che mi aveva creato. Nell’amicizia con i nuovi fratelli e grazie alla paternità di don Massimo, tutta la mia esistenza ha ripreso unità, in modo che ora posso davvero consegnarla a Dio. La nonna Nora, che è in Cielo, sarà davvero contenta.
Nella foto: Davide Tonini durante un incontro con una classe elementare a Città del Messico, dove ha svolto l’anno di diaconato e dove continuerà la sua missione.