Mattia Ferraresi, corrispondente de “Il Foglio” da New York, racconta dell’amicizia dei nostri preti con Miriam huettner.

Miriam ha i capelli biondi, due occhi azzurri che ridono anche quando è seria. Nello squillare limpido della voce si sente l’entusiasmo di chi ha tutta la vita davanti. Il cognome, Huettner, racconta una storia germanica e scandinava piuttosto comune nella terra in cui è nata, il Minnesota, nel profondo nord degli Stati Uniti. È cresciuta in un mondo pieno di musica e arte, iniziando a danzare in tenerissima età; poco dopo è arrivata la passione per il violino. Quando si è trasferita nei sobborghi di Boston per studiare letteratura inglese ad Harvard aveva già dentro una ferita aperta, traboccante di domande. Ad aprirla per la prima volta era stato un suo compagno di classe delle superiori, che era andato a una vacanza di Gs ed era tornato diverso, colmo di una gioia inspiegabile. Aveva provato a raccontarle quel che gli era capitato, ma ogni tentativo era insufficiente, non rendeva ragione di quella letizia che gli brillava nello sguardo. I conti non tornavano, e Miriam non capiva, ma di un cosa non poteva dubitare: qualunque cosa l’amico avesse visto era la cosa più importante che gli fosse mai capitata. E voleva che capitasse anche a lei. Ha iniziato a frequentare le persone del movimento per vedere che cosa aveva attirato quel suo amico, e ha scoperto non un luogo magico ma un’amicizia in cui le sue domande di significato erano finalmente prese sul serio. E poi la gioia, di cui non si stanca mai di parlare. Quell’anticipo della pienezza che aveva sperimentato solo a sprazzi negli anni della rigorosa formazione protestante, fra i nuovi amici era la nota dominante, una dimensione del vivere.
Ha incontrato i sacerdoti della San Carlo per la prima volta durante una gita del Clu a Rockport, una cittadina del Massachusetts che si affaccia sul mare, con i cottage di legno nel tipico stile del New England. Non è stata un’epifania improvvisa, piuttosto un inizio discreto, un prendere forma, l’intuizione che quello che aveva visto poteva abbracciare la vita intera, anzi diventare una vita. È stato Father Paolo a ricordarle, diversi mesi più tardi, di quella giornata, che è anche la prima volta in cui ha messo piede nella parrocchia di Saint Clement. Miriam racconta che a quel punto avrebbe potuto anche voltare le spalle a questa compagnia che le aveva travolto la vita, ma al prezzo di negare tutto quello che aveva visto con i suoi occhi e toccato con le sue mani. Non aveva nulla in comune con queste persone, ma a un certo punto l’ha sorpresa un pensiero: non è un’affinità sentimentale o una consonanza di idee che ci tiene insieme, è un Altro che rende possibile quest’amicizia. Miriam ha scommesso tutto su questa intuizione. Nel rapporto con Father Paolo il desiderio che le ribolliva dentro di abbracciare la Chiesa cattolica è diventato un’ipotesi, una via percorribile fatta di volti, di luoghi, di sguardi benevoli che la fanno sentire preferita, tassello irripetibile nel mosaico di Dio. Le viene naturale chiamare Father Paolo il suo secondo padre. Con gli occhi ricolmi dell’affetto ricevuto racconta delle omelie di Father Luca e della paternità di Father Stefano. Ama perfino il modo amorevole in cui i preti la prendono in giro.
Sono scene di una vita ordinaria eppure traboccanti di una presenza eccezionale. Non è stato sempre facile spiegare alla sua famiglia quello che le stava capitando. Il padre, l’anima religiosa della famiglia, guardava un po’ di traverso questi incontri a tu per tu con un prete cattolico. In casa il cattolicesimo era un fatto di cui era consigliabile disinteressarsi. È stata la felicità che hanno visto fiorire in lei a vincere ogni resistenza. Ora sua madre le dice benevolmente: «Mi sta bene che diventi cattolica, basta che non ti fai suora!». Nemmeno Miriam, a dir la verità, ha capito tutto di quello che le è successo lungo la strada in questi anni, la mente brillante della studentessa di Harvard si confonde quando cerca di afferrare il mistero della comunione dei santi e gli altri passi della dottrina attraverso i quali Father Paolo l’ha condotta per mano, passo dopo passo. Ma in quei volti traluce la certezza incrollabile di essere nel luogo dove le sue domande trovano risposta. Per la certezza sperimentata attraverso quei volti, nella notte di Pasqua ha ricevuto la comunione e la cresima a Saint Clement, abbandonandosi all’abbraccio della Chiesa.

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