L’estate scorsa ero in vacanza in Italia dalla mia famiglia, che da poco tempo si è trasferita in campagna. Ho dovuto pertanto imparare strade e percorsi nuovi, diversi da quelli di città; spesso per orientarmi mi è stato suggerito di usare le edicole della Madonna, a volte moderne, altre volte antichissime. Un giorno mi sono persa e ho ritrovato la strada grazie a questi segni. Ricordo di aver pensato che davvero la Madonna ci indica sempre la via: i cuori degli uomini sembrano a volte aver dimenticato questi “punti cardinali”, eppure una traccia resta sempre in loro. Questo vale in tutte le latitudini. Nei cuori dei giovani che incontro in classe ogni giorno qui a Nairobi, Maria sembra spesso essere dimenticata, se non addirittura sconosciuta. Eppure, lei si fa spazio. Come una madre, che ci ha tenuti nel suo grembo, ci conosce e sa trovare le strade per riallacciare una conversazione, anche quando non sentiamo più la sua presenza, anche quando la rifiutiamo.
Un esempio è Kevin, che aveva smesso di andare a messa la domenica perché preferiva giocare a calcio. Durante una lezione, un suo compagno critica la Madonna dicendomi che è inutile pregarla, che è una semplice donna senza qualità divine. Kevin interviene in sua difesa, con uno stile che solitamente non gli appartiene: “Quando la preghi ricevi subito tanta pace”, risponde prontamente al compagno. Nessuno replica. Kevin stesso si meraviglia per la sua osservazione e si lascia interrogare da quel ricordo improvvisamente riapparso. Ha abbandonato questa madre per qualche tempo, ma non ha dimenticato il suo abbraccio. È qualcosa di fisico, di vero, che genera silenzio nella classe. Kevin torna a confessarsi e a partecipare alla messa dopo sei anni.
Alex è malato da tempo e le possibilità di guarigione sono basse. A volte il dolore lo stringe fino alle lacrime, e si chiede il perché di tanta sofferenza. Quasi per caso comincia a pregare il rosario per trovare conforto. È stato a messa alcune volte, pur non essendo cattolico, e questa strana donna lo ha incuriosito. Dice di sentire una voce mentre prega che gli chiede con gentilezza di stare tranquillo, che gli assicura che penserà lei a tutto e che inoltre lo guiderà nel suo cammino di fede. Alex guarisce e continua a chiedermi: “Ma secondo te Maria dove mi sta portando?”. Intuisce che il cammino da lei propostogli non è solo un cammino di guarigione fisica.
Un giorno entro in classe con qualche minuto di ritardo, ho in mano un rosario molto colorato e lo appoggio frettolosamente sulla cattedra. Mentre tiro fuori il registro, Mary mi chiede subito: “Posso avere anch’io un rosario così bello?”. Dopo la lezione si confida, mi dice che non va più a messa e che non si confessa da tempo. Ottiene il rosario desiderato, ma sente anche il desiderio di ricevere un regalo ancora più grande: l’eucarestia.
Altre volte però, entro in classe e la Madonna mi sembra essere la più dimenticata. Alcuni commenti su di lei mi fanno soffrire e prego perché chi li ha fatti si converta. Penso spesso che questa sofferenza sia in Maria mille volte più intensa, e che sia parte di ciò che rende il suo lavoro inarrestabile. Non può sopportare di vederci lontani da suo Figlio e, laddove le edicole non esistono, continua a mettere segni sul nostro cammino. Così è per Clara, una persona molto intelligente ed estremamente razionale, che non riesce a comprendere come mai uno dei suoi fratelli si sia perso nella droga. Anche lei dice di avvertire una voce interiore che le dá pace, dopo aver pregato il rosario. Quando si ha a che fare con Maria, entra nel mondo una dimensione che non è di questo mondo ma che nello stesso tempo è nella carne. Chi vuole conoscere Maria si accorge della sua presenza carnale nella vita quotidiana, e per queste persone il rosario diventa una vera e propria bussola, anche solo nel possederlo e portarlo al collo.
Questi giovani mi aiutano a ricordare che anche io sono come loro, che anche io ho bisogno di una madre che mi doni questa pace divina dentro ogni guerra. Far memoria di questo ogni giorno è un privilegio.
Nella foto, Elena Rondelli con alcuni giovani di Kahawa Sukari (Nairobi, Kenya).