Quest’anno – forse perché mi trovo in una stagione nuova, decisiva, della mia vita – l’approssimarsi del Natale mi porta a considerare la radicalità che Cristo, dolcemente e decisamente, chiede a chi lo vuole seguire.
Non è una considerazione moralistica: mi è molto chiaro che sbaglierò sino all’ultimo.
È invece una riflessione che riguarda la strada verso la felicità. Chi vuole godere di Cristo, non può barattarlo con nessun altro godimento. Il gaudium, la gioia che è Cristo, riempie di gioia le ore della giornata, ciò che incontriamo e tocchiamo.
Non si possono servire due padroni, non ci si può voltare a salutare la vita passata, non conviene lasciare per un istante l’aratro, non si può amare nessuno (nemmeno il padre o la madre) più di Lui. E allora potremo amare tutto ciò che merita di essere amato.
Il bambino è stato da subito segno di contraddizione: attirerà i pastori, farà tremare Erode. Con lui non si tratta di entrare in un partito (il partito di Gesù), ma di entrare nel dinamismo dell’amore. Ogni amore è totalitario. O tutto o nulla. Se non ami Gesù con tutto il tuo cuore, se riservi qualcosa per te, per una ritirata dell’ultimo momento, non puoi entrare nel mistero della sua predilezione, della sua sete.
O tutto o nulla. Se non ami Gesù con tutto il tuo cuore non puoi entrare nel mistero della sua predilezione
Gesù, durante la sua vita, ha vissuto questa radicalità e ne ha parlato.
Le sue ore erano interamente un amore indiviso per il Padre. Certo, un amore inclusivo, ma totale. Il suo correre verso Gerusalemme, il suo passare di paese in paese, di malato in malato, di persona in persona, di folla in folla, non era frutto dell’ansia, ma del totalitarismo della carità. Quel totalitarismo che sa godere anche dei tempi inutili, che sa riposare su un prato con gli amici.
Al totalitarismo dell’amore si oppone il totalitarismo del potere. Erode lo sa e Gesù deve fuggire. Lo scontro è rimandato.
A Betlemme Dio si presenta come un bambino, affinché ciascuno, se lo vuole, possa comprendere che Dio vuol essere disponibile, inerme, verso chiunque. La sua sete di salvezza riguarda ogni uomo. Solo l’inermità dell’Eucaristia sarà ancora più radicalità dell’inermità del bambino di Betlemme.
L’Eucaristia, oltre che una realtà, è un suggerimento: ci chiama a una posizione precisa di fronte al mistero dell’Incarnazione. Mistero della fame e della sete di Cristo.
La sua sete e fame di noi susciti in noi la sete e fame di Lui.