Qualche anno fa, durante un corso di preparazione in vista dell’ordinazione diaconale, don Emmanuele, oggi vicario generale della Fraternità, ci indicò una delle ragioni per cui si parte per la missione: incontrare Cristo lì dove siamo mandati. Guardando indietro ai miei quasi cinque anni di missione, sto arrivando alla certezza della verità di quelle parole.
Sono stato mandato a Praga, dove insegno e sono cappellano in una scuola che accoglie studenti dagli 11 ai 19 anni. Anche se la scuola è cattolica, non è sempre facile creare rapporti e portare avanti una proposta. Tra i ragazzi infatti, molti non sono credenti e hanno scelto la scuola per la sua qualità, altri sono credenti, ma sono molto radicati nelle loro parrocchie e nelle comunità d’origine. Ci sono però sempre dei bisogni da cui partire.
Ricordo un episodio accaduto proprio nei miei primi mesi di insegnamento. Discutevo con alcuni ragazzi delle novità nel mondo della tecnica (oltre a Religione insegno anche Fisica e Informatica). Siamo arrivati alla conclusione che per la scuola avevamo bisogno di una stampante 3D. Abbiamo presentato la nostra richiesta alla preside e lei ha sposato le nostre ragioni e ne ha comprata una. Montarla con un gruppo di ragazzi è stata una bella esperienza, che ha contribuito a far crescere l’amicizia fra noi, nonostante i ragazzi fossero d’età diverse e io fossi il loro insegnante. Poi, una sera, Jaroslav – nome di fantasia – mi ha chiesto: “Prof, ma come è arrivato da Roma fino a qua, a montare con noi una cosa così?”. Allora ho passato il cacciavite a un altro ragazzo e mi sono messo a raccontare della mia vocazione: della mia vita in famiglia, dell’incontro con il movimento di Comunione e Liberazione, dello svelarsi di una promessa grande che mi ha condotto fino alla San Carlo… E mentre raccontavo pensavo tra me e me: “Che meraviglia che il Signore abbia pensato questo per me!”. Così quella sera è diventata per noi un luogo di incontro con Cristo. Io ho provato grande stupore per ciò che Dio ha fatto per me e Jaroslav non se n’è dimenticato, neanche quando si è trasferito per andare all’università. Ancora oggi, quando può, partecipa all’incontro con gli universitari che teniamo in casa nostra.
La cosa più sorprendente è iniziata circa un anno fa. Una ragazza del secondo anno viveva un grande dramma per un problema fisico che le causava dolori, svenimenti e confusione a causa degli antidolorifici. Nessuno sapeva come aiutarla. Le ore di religione erano dedicate all’Antico Testamento. Lei – chiamiamola Jana – a un certo punto si è detta: “Qui c’è un sacco di gente che ha vissuto mali molto peggiori dei miei e comunque non ha mollato. Questo libro sembra interessante”. Con questa ipotesi ha letto tutta la Bibbia e, poiché ha una nonna che ancora frequenta la messa e che la portava con sé quando era piccola, ha deciso di farsi battezzare, di riprendere la fede che i genitori avevano abbandonato.
Jana però non era da sola. Poco dopo si è presentata la figlia di una collega, battezzata, ma che non aveva una vita di fede, e che voleva la prima comunione. Poi si è aggiunta un’altra compagna, ortodossa, con tante domande dentro. Ho capito che per loro occorreva una proposta concreta, non bastava proporre un dialogo su temi a loro scelta, perché i ragazzi spesso non se la sentono di tirare fuori i problemi da soli.
Ecco perché all’inizio di questo anno scolastico ho proposto agli studenti delle medie una nuova attività dopo scuola, dedicata espressamente alla dottrina cristiana, sia per chi vuole ricevere i sacramenti sia per chi desidera approfondire la fede. Ogni venerdì pomeriggio incontro un gruppo di otto ragazzi. Cerchiamo di guardare la realtà attraverso la domanda: “Che cosa di importante è successo durante la settimana scorsa? Cosa ti ha colpito? Dove hai fatto fatica?”. Racconto della mia settimana e discutiamo il tutto alla luce della fede, come ci ha insegnato don Giussani nel PerCorso. Mi stupisce sempre il clima che si crea in questo gruppo. Stanno così volentieri insieme che spesso rimangono ancora, dopo l’incontro, a giocare insieme oppure a chiacchierare, a volte fino all’ora di chiusura della scuola, e devo quasi mandarli via!
Se i rapporti si fondano su Cristo, sono diversi. Rimangono più lungo, durano di più,
non li rompono i nostri limiti né la distanza,
e sono più belli.
Recentemente, raccontavo loro la storia di un mio confratello e una ragazza mi dice: “Prof, come è possibile che lei conosce così tanta gente?”. Le ho risposto, un po’ dispiaciuto: “Guarda che sono vecchio!” Subito dopo, però, ho aggiunto: “Ma è vera anche un’altra cosa: se i rapporti si fondano su Cristo, sono diversi. Rimangono più lungo, durano di più, non li rompono i nostri limiti né la distanza, e sono più belli.”
Ho incontrato Cristo anni fa e questo incontro mi ha portato a essere un missionario. Sto incontrando Cristo qua in missione, adesso, con un gruppetto di otto ragazzi delle medie. Questo incontro fa sì che tutti noi pian piano cambiamo, che i nostri rapporti, il nostro stare insieme cambi.
Tutta la vita è cambiata, resa più bella da questo incontro e proprio per questo incontro vale la pena di andare in missione.