Telefono a un prete della mia diocesi per fargli gli auguri di compleanno, mi dice: “Ho letto tanti suoi libri, a causa loro mi è venuto il desiderio di leggere don Giussani. Ho divorato tutto quanto ho potuto, mi ha fatto scoprire la Chiesa”. Ha detto veramente scoprire, non riscoprire, come fosse la prima volta. Mi sono rivisto in terza liceo, cinquant’anni fa, quando ho ascoltato le lezioni di don Giussani sulla Chiesa. Avrebbero cambiato completamente la prospettiva della mia vita, che pure era già abbondantemente nutrita di amore alla Chiesa, alla sua storia, alla sua Tradizione.
Per questo desidero riprendere la riflessione sulla Chiesa. Lo faccio in un momento in cui è abbastanza impopolare parlare della Chiesa. Essa è diventata una sconosciuta, una straniera, come ha scritto T. S. Eliot più di ottant’anni fa nei Cori da “La Rocca”. La nostra patria è nei cieli (Fil 3,20). Eppure questa donna vive sulla terra ed è la donna che amo. Vorrei farla conoscere e, contrariamente al buon senso, vorrei che fosse amata da tutti e prima ancora conosciuta.
Questa mia amata è un popolo di peccatori eppure è santo. Rappresenta una terra di passaggio continuo dalla dispersione all’unità, dalla tenebra alla luce, dal peccato al pentimento e alla purificazione.
Dilexit Ecclesiam, fu l’epitaffio sulla tomba di un vescovo, mons. Mermillod. Vorrei fosse anche il mio. Lo scopo di questo piccolo libro è di far amare il corpo di Cristo. Non si può amare Cristo se non si ama la Chiesa, perché, come dice san Paolo, Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei (Ef 5,25). Essa rappresenta quel cammino concreto, carnale, dall’uomo a Dio e da Dio all’uomo, che è la strada affascinante creata dalla misericordia divina e a cui aspira ogni creatura.
Negli anni passati ho sentito talvolta invocare: Cristo sì, Chiesa no. Questa tentazione ci allontanerebbe dal solco della divina-umanità di Gesù e trasformerebbe l’adesione a Lui in un’esperienza puramente spirituale. La Chiesa ci consegna la tenerezza di Cristo, la sua generosità, le sue parole, i suoi gesti. Esiste perciò una passione indivisibile verso Cristo e la sua Sposa.
La tentazione a cui ho accennato sopra, è presente ancora oggi, tanto che papa Francesco ha sentito il bisogno di esprimersi così in un’omelia: «Separare Gesù dalla Chiesa sarebbe volere introdurre una “dicotomia assurda”, come scrisse il beato Paolo VI. Non è possibile amare il Cristo ma non la Chiesa, ascoltare il Cristo ma non la Chiesa, appartenere al Cristo ma al di fuori della Chiesa. Infatti è proprio la Chiesa, la grande famiglia di Dio, che ci porta a Cristo. La nostra fede non è una dottrina astratta o una filosofia, ma è la relazione vitale e piena con una persona: Gesù Cristo, il Figlio unigenito di Dio fattosi uomo, morto e risorto per salvarci e vivo in mezzo a noi. Dove lo possiamo incontrare? Lo incontriamo nella Chiesa, nella nostra santa madre Chiesa gerarchica» […].
Come comprendere chi è la Chiesa? Come cercare e amare il suo volto nella storia? Mi sono proposto di considerare la nascita della comunità ecclesiale nel cuore degli uomini al tempo di Gesù. Vedendola nascere dal Figlio di Dio, sono introdotto al suo mistero.
Tutti i peccati degli uomini di Chiesa, che allontanano certamente molte persone scandalizzate e provocano tanto dolore a Gesù e ai veri credenti, non hanno però il potere di spegnere la sua presenza nella terra e nei cuori. Io pregherò perché il male non prevalga, ha detto il Signore (cfr. Gv 17,15; Mt 16,18).
La Chiesa è la continuità nel tempo dell’umanità di Gesù attraverso la carne di noi peccatori. Va amata e curata, come ha fatto Gesù.