Due anni di chiusure dovute alla pandemia hanno inciso sulla vita degli studenti universitari, privandoli della maggior parte delle relazioni che rendono vivace e interessante il periodo passato tra le mura dell’ateneo. Ora con la riapertura si ricomincia e si tenta di riavviare la vita comunitaria.
Eppure gli incontri avvengono, anche quando le circostanze sembrano essere un impedimento. L’anno scorso, giusto prima del lockdown autunnale, una ragazza, Zsofia, trova su internet gli avvisi della cappellania dell’università cattolica e non essendoci nessuna proposta simile alla statale in cui studia, decide di venire al gruppo che tengo una volta alla settimana. Da allora non è mai mancata a nessuna iniziativa.
Durante la pandemia tutti gli ospedali e le case di riposo sono state chiuse ai visitatori esterni. Questa volta Zsofia non aderisce ma propone: conosce un servizio di mensa e sostegno per senza tetto che ha il permesso municipale di continuare ad operare, per non abbandonare a se stesse queste persone in un momento drammatico. Si tratta di un opera caritativa organizzata da un movimento cattolico ungherese e sono sempre felici di avere preti che aiutino per confessare, tenere catechesi o semplicemente parlare con gli ospiti. Così tutte le settimane andiamo a preparare panini alle sette di mattina, alle otto li distribuiamo, alle nove facciamo un momento di incontro.
Il cardinale Robert Sarah ha spesso usato la figura evangelica del giovane ricco come descrittiva della cultura occidentale odierna con i suoi alti proclami enfatici e al tempo stesso depressa ed impigrita nel suo comodo consumismo. Quanti giovani ricchi si incontrano che, dopo un afflato ideale, si mostrano incapaci di un impegno serio e fedele. Va bene rispettare alcune regole da bravi cristiani, ma seguire con decisione, in una vita di carità e missione che sappia, se necessario, andare contro la mondanità in nome della verità, per amore di Cristo, questo è molto raro da trovare! Eppure questa ragazza, silenziosa, ma di una fedeltà e di una disponibilità commuoventi mi dà speranza per i giovani della generazione Covid-19.
Una volta al mese faccio un breve pellegrinaggio ad un santuario mariano per domandare la grazia di incontrare dei giovani motivati che possano essere un seme per una presenza cristiana tra gli universitari ungheresi. Il lavoro di ripresa post pandemia sarà lungo e arduo, come ricostruire ancora una volta il tempio a partire dalle macerie, ma è proprio vero che bisogna pregare, chiedere ed essere presenti per potere gioire di essere esauditi!
Alessandro Caprioli è viceparroco di San Francesco d’Assisi e Cappellano dell’Università Cattolica Pázmány Péter, a Budapest (Ungheria). Nella foto, una veduta della città.