Dall’ottobre 2019 al gennaio 2020, la città di Santiago del Cile è scossa da violente manifestazioni che hanno coinvolto gran parte della popolazione, in particolare quella dei settori più poveri, dove i nostri missionari si trovano a lavorare. Le sommosse sono scoppiate a causa dell’aumento del biglietto dei mezzi pubblici; ma la violenza che le ha caratterizzate ha mostrato che il disagio esploso aveva probabilmente radici più profonde.
I nostri sacerdoti vivono in quelle terre ormai da molti anni. La prima casa è nata nel 1993 a Concepción. Poi nel 2006 nel quartiere di Puente Alto, dove si è registrato uno dei principali focolai delle attuali rivolte. Più recentemente, nel 2013, è stata aperta una seconda casa a San Bernardo, un quartiere ancora più povero, sempre a sud della città. A Santiago la Fraternità ha educato anche alcuni seminaristi in una casa di formazione pensata per l’America Latina. Oggi sono presenti in Cile otto sacerdoti e due seminaristi che svolgono l’anno di formazione in missione. Si tratta di parrocchie molto vaste, sul cui territorio sorgono alcune piccole chiese, tutte affidate alla Fraternità. Ma il lavoro non si limita all’ambito parrocchiale. I preti sono presenti come cappellani anche a scuola, in ospedale e in università. Così, in questi anni, hanno potuto incontrare tante persone, in particolare molti giovani. Alcuni di questi oggi si sono sposati e aiutano nella missione.
In questo ultimo periodo, la sfida più grande è stata proprio il rapporto con i più giovani. Alcuni di loro, infatti, si sono lasciati trascinare dalle violenze e dall’odio. Le ferite affettive che portano dentro e di cui spesso sono vittime già nelle loro famiglie, hanno creato un terreno in cui il rancore ha potuto mettere radici profonde. Nelle nostre parrocchie, sono stati organizzati incontri per giudicare assieme ciò che stava accadendo, fuori e dentro i cuori dei ragazzi. Ma in molti casi, il richiamo della piazza e dei cortei è stato più forte del giudizio della fede. Tanti sono scesi in strada, hanno partecipato ai saccheggi e hanno fomentato la guerriglia sulle barricate.
Alcuni però non l’hanno fatto. Nonostante le ragioni per ribellarsi alle ingiustizie fossero molte, nei loro cuori ha prevalso un’altra voce. Una voce che hanno imparato ad ascoltare dentro il germe della comunità cristiana a cui appartengono. Nell’incontro con il movimento di Comunione e liberazione e la parrocchia, infatti, hanno visto che esiste un luogo in cui è possibile essere trattati con gratuità; che il male subito o compiuto non è il sigillo definitivo sulla propria vita; che la rabbia può trasformarsi in gratitudine perché le ferite possono essere curate. In una lettera ai nostri missionari cileni, don Paolo Sottopietra scrive: «I ragazzi hanno bisogno di essere interpellati alla radice del loro essere, di ritrovare se stessi come esseri unici, amati e voluti, di sapere che possono raggiungere il fine per cui esistono. Solo la gratuità e la speranza di adulti cambiati da Cristo possono compiere questo miracolo».
Proponiamo di seguito alcuni brani dalle lettere che i nostri preti hanno inviato a Roma nei primi mesi delle manifestazioni. Ci auguriamo che queste parole possano favorire la comprensione degli avvenimenti accaduti in questo periodo e comunicare la speranza che, anche in situazioni così critiche, Dio continua ad alimentare nel cuore di molti.
Sabato 19 ottobre, ore 17.19
Lorenzo Locatelli
È scoppiata una rivolta popolare causata dall’aumento del costo dei mezzi pubblici. In un giorno hanno bruciato più di quaranta stazioni della metro e un intero edificio dell’Enel. Sciacallaggio nei supermercati. Guerriglia di sassi in strada. Ieri sera, il presidente ha dichiarato lo stato di emergenza e il comando è passato all’esercito: limitazione delle libertà costituzionali. Non si è arrivati al coprifuoco ma è un’opzione. La gente è esplosa. Puente Alto e San Bernardo sono al centro dei disturbi. Distrutte, le metro della linea che porta alla nostra parrocchia. La gente esce di casa con le pentole in mano, come ai tempi di Allende, quando le donne della borghesia sfilavano in quella che fu chiamata “la marcia delle pentole vuote”. I comunisti cavalcano l’onda inneggiando alla rivoluzione. La cosa sta andando più in là del problema dei mezzi pubblici.
Purtroppo, già da tempo ci aspettavamo di vedere qualcosa del genere. Il clima che si respirava tra la gente era molto teso: rabbia, odio, violenza. Il pellegrinaggio a Santa Teresa de Los Andes, che qui da noi si fa tutti gli anni e coinvolge migliaia di giovani, è stato sospeso ieri notte, a poche ore dall’inizio, dopo che il presidente ha dichiarato lo stato di emergenza. I ragazzi sono confusi, si chiedono che cosa possono fare. Sono anche molto arrabbiati con il governo. In effetti, la misura che è stata adottata colpisce solo le classi deboli. Li abbiamo convocati per cercare di dare un giudizio. Ci vedremo questo pomeriggio. Poi diremo un rosario insieme prima della messa prefestiva. Spero che la cosa non degeneri. Di sicuro, adesso ci sarà un blocco totale della città perché i mezzi pubblici non funzionano. Forse chiuderanno le scuole. E comunque abbiamo già i militari in strada.
Domenica 20 ottobre, ore 23.02
Giorgio Ghigo
Qui stiamo tutti bene, anche se il clima che si è respira è quello di una guerriglia tra il popolo e le forze militari. Abbiamo appena ricevuto la notizia del nuovo coprifuoco. Tra due ore, non potremo più uscire fino alle sei di domani mattina. Da ieri pomeriggio, nella zona della nostra parrocchia come in tutta la capitale, saccheggiano centri commerciali, negozi, mercati. Costruiscono barriere di spazzatura e appiccano il fuoco per ripararsi dalle forze armate. Da venerdì, bruciano le stazioni della metro. La nostra linea è ormai interamente distrutta.
Non so se queste poche righe sono in grado di dipingere in modo adeguato quello che sta succedendo. Solo due esempi: ieri abbiamo fatto un giro nel quartiere con Lorenzo e Diego. Ci ha colpito e rattristato moltissimo vedere la stazione della metro in fiamme, la violenza gratuita delle persone che distruggevano tutto con la sega elettrica. Abbiamo visto l’autostrada con i frangivento incendiati. Di fronte alla cappella di Nazareth, gruppi di persone correvano verso l’entrata del supermercato, eccitate per la possibilità di rubare e distruggere. Abbiamo visto intere famiglie tornare a casa, qualche ora dopo, con i carrelli della spesa carichi e con i bambini che ridevano, seduti sul “bottino” appena vinto.
Ieri abbiamo sentito la necessità di ritrovarci con i ragazzi della parrocchia per provare a giudicare ciò che stava accadendo. È stato un momento per dire quello che pensavamo e un’occasione per ascoltare quello che pensano e vivono i nostri giovani. Abbiamo dovuto constatare, per la maggior parte di loro, che Cristo non è una persona di cui fanno esperienza. Non l’hanno ancora incontrato.
Un ragazzo ha detto: “Come faccio a sapere se è più utile andare nelle strade a manifestare o rimanere qua?”. Io gli ho risposto: “Ma tu hai già tutto per poter giudicare. Cosa hai vissuto fino ad ora?”. La sua risposta è stata: “Non lo so”. Mi è venuto come un groppo in gola. Una tristezza infinita e una commozione per questi ragazzi, così perduti che basta si alzi una voce che grida più forte perché loro la seguano, senza paragonarsi minimamente con quello che hanno visto in questi anni di vita assieme. È un nuovo ‘68?
Sono mesi che mi aiuta una frase di Julián Carrón che ho ascoltato durante gli ultimi esercizi spirituali della Fraternità di Cl: “Se un fatto – per quanto clamoroso – non è colto nel suo significato e non arriva a determinare la nostra autocoscienza, non serve a nulla”. Mi colpisce questo “nulla” finale, perché è vero. E non è un caso che il vangelo che abbiamo letto oggi a messa parlasse di giustizia. Le parole che più mi hanno colpito, sono queste: Il Figlio dell’uomo, quando ritornerà, troverà fede sulla terra? (Lc 18,8). Se tu tornassi adesso, Signore, dove troveresti il mio cuore? Sarebbe fisso su di Te? Questa è la domanda che oggi ho rivolto ai miei amici della parrocchia.
Lunedì 21 ottobre, ore 22.33
Lorenzo Locatelli
Oggi è stato un giorno più tranquillo. La gente desidera tornare alla normalità. Ci sono segnali positivi: gruppi di persone che si sono organizzate per ripulire le stazioni devastate della metro, per difendere i supermercati e le case.
In generale, la situazione è questa: ragazzi che spaccano tutto pilotati da qualcuno; gente normale, stanca dell’ingiustizia sociale, che manifesta pacificamente e goliardicamente; delinquenti che approfittano del panico per rubare; poveracci che si lanciano sul cibo a portata di mano e che poi condividono con familiari e amici.
I militari, poi, sparano sulla gente! Tutte le sere alle 20 scatta il coprifuoco. Divieto di uscire e circolare fino alla mattina seguente. Ieri sera ci siamo un po’ spaventati perché, dopo il coprifuoco, continuavamo a sentire nella strada principale i cori della folla e diversi spari. Sembra che non sia morto nessuno, per lo meno i giornali non ne hanno parlato.
Il nostro vicario ci ha avvisato di stare attenti alle chiese, di togliere il Santissimo perché stanno iniziando saccheggi alle case private. Una parrocchia vicina alla nostra è stata minacciata. Però non è successo niente.
Alcune famiglie sono preoccupate per il mangiare. Noi abbiamo fatto un grande rifornimento prima che svaligiassero quasi tutti i supermercati. In ogni caso, se il trend è quello di oggi, le cose dovrebbero migliorare. Domani cercherò di fare benzina.
continua
(Nell’immagine: San Bernardo (Cile), un momento di giochi con i ragazzi della parrocchia Beato Pietro Bonilli.