Alcuni sacerdoti e seminaristi della Fraternità hanno meditato e commentato la parabola del grano e della zizzania (Mt 13): ne parleranno allo stand della Fraternità san Carlo al Meeting di Rimini, presso il padiglione C4.

Le nostre vite sono ferite dalla presenza del male, poco importa che accada a causa di piccoli o grandi eventi. È un dato indiscutibile che il male segna e accompagna le nostre esistenze, e vano è ogni tentativo di minimizzare o nascondere questo fatto. Eppure il nostro tempo sembra assillato dalla volontà di censurare e dimenticare questa realtà, per poi dare luogo a soluzioni repressive ogni qualvolta si verifichino episodi che ce la ricordano. Il tentativo dell’uomo di eliminare il male si risolve sempre con un fallimento, cui spesso seguono paura e disperazione, sentimenti oggi molto diffusi. Nel momento in cui questo tentativo si eleva dal piano personale a quello sociale, si trasforma in ideologia. Le ideologie, antiche e nuove, sorgono sempre a causa dello scandalo per la presenza del male. La speranza di un futuro risolto dall’economia, la scienza o la legge, è un terreno che la storia umana ha già percorso e di cui ha conosciuto il volto spaventoso. La naturale aspirazione al bene e alla felicità sembra così tradita da questo ospite indesiderato che abita le nostre case, fiacca i nostri desideri e spesso diventa la lente attraverso cui guardiamo noi stessi e il mondo. Non è un caso che la parabola del grano e della zizzania sia comunemente chiamata la “parabola della zizzania”. Distratti come siamo dalla presenza della zizzania, il grano sembra non avere forza sufficiente per richiamare il nostro sguardo.
Perché Dio permette il male? Perché non lo elimina definitivamente dalla storia? La parabola raccontata da Gesù illumina alcuni elementi fondamentali per entrare in questo mistero. Il male non sta all’inizio della creazione del mondo ma si è inserito in un secondo momento per corromperla, attraverso il libero rifiuto del bene da parte di una creatura, il diavolo, di cui l’uomo si è reso complice. La parabola offre una teologia della storia che anticipa ogni tentativo dell’uomo di debellare definitivamente il male dalla vicenda umana. L’origine del male non si identifica con l’uomo ma con una forza esterna di cui si rende complice. Per questa ragione, la Chiesa è impietosa verso il peccato ma ricca di misericordia nei confronti del peccatore.
Quale strada percorrere davanti a questo scomodo ospite che agisce nel mondo?
Senza guardare alla croce e alla resurrezione di Cristo, la risposta al problema del male resta un mistero incomprensibile. Un innocente, il Figlio di Dio, è messo a morte. Sulla croce, bene e male restano misteriosamente intrecciati, ma si opera un capovolgimento. Se l’esperienza naturale è segnata dall’impressione che la zizzania avvolga il grano fino a soffocarlo, sulla croce, nel momento in cui le tenebre sembrano avere preso il sopravvento per l’ennesima volta, Cristo offre la propria vita per i suoi carnefici: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno. Cristo permette all’oscurità del male di avvolgerlo affinché, dal di dentro di essa, la fiamma dell’amore divino possa definitivamente distruggerla. Il chicco di grano posto nel terreno muore per dare frutto. Questo evento abbraccia la storia e definisce il posto che in essa ha il male: da corruzione dell’iniziale disegno d’amore, esso diviene occasione perché la misericordia divina si manifesti in modo glorioso.
«Nacque il tuo nome da ciò che fissavi» recita il titolo del Meeting di quest’anno. La parabola del grano e della zizzania è un invito alla conversione. La storia è il tempo dato a ciascun uomo per riconoscere nell’amore rivelato sulla croce l’unica forza capace di trasformare sé e il mondo. Tanto più fissiamo il nostro sguardo in questo evento, tanto più saremo cambiati da esso e capaci di dilatare tra gli uomini la sua gloria redentiva.

Leggi anche

Tutti gli articoli