Mi stava aspettando

L’abbraccio definitivo con il Padre può essere vissuto nella fede e nella pace. Una testimonianza dalla Colombia

Andrea Sidoti è in missione a Bogotá (Colombia). Nella foto, la comunità di Comunione e liberazione durante una via crucis per le strade della città.

Sono le 15 e pochi minuti e trovo sul cellulare una chiamata di Carlo, mio confratello. Lo richiamo. Gli hanno telefonato le suore di madre Teresa, che vivono a 20 minuti a piedi dalla nostra parrocchia di Bogotá dove hanno anche un ospizio femminile. Il giovedì e la domenica mattina ci alterniamo tra noi sacerdoti per andare a celebrare la messa da loro. Dalla prima volta in cui sono andato, pochi giorni dopo il mio arrivo in Colombia, mi sono rimaste nel cuore per la povertà che vivono, una povertà che è radicalità e semplicità nel rapporto con Dio, una povertà che lascia che Dio sia il centro.
Ci chiedono se qualcuno di noi può andare per amministrare l’estrema unzione a una abuelita dell’ospizio. Carlo è impegnato in università, mi chiede se posso andare io. Il tempo di verificare di non avere altri impegni e lo richiamo per confermargli. Prima di chiudere la chiamata gli chiedo dove si trovino gli oli sacri e il libro del rito del sacramento: è la prima volta che lo celebro e non so come orientarmi. Gli chiedo anche quanto sia urgente. Mi dà qualche consiglio e ci salutiamo.

Penso alla grazia immeritata che Dio mi concede di essere strumento e spettatore della sua azione nel mondo.


Prendo tutto ciò che occorre, guardo brevemente il rito per poter essere più agile una volta arrivato. Mi incammino: giusto il tempo di un rosario e arrivo all’ospizio. Mi accolgono due suore che, mentre saliamo alla stanza di Olga Maria – così si chiama – mi dicono che vorrebbero dare l’unzione anche ad altre due ospiti, Marina e Sanjavier, che fanno accomodare nella stanza.
Olga respira a fatica, da domenica è peggiorata. Ad ogni respiro, conquistato a stento, segue un gemito. Ci raduniamo intorno al suo letto. Siamo le due suore, le due signore e io. Inizio il rito: “Nel nome del Padre, del Figlio…”. Al momento dell’unzione, recitando le preghiere pongo l’olio santo sulla fronte e sulle mani di Olga e poi su quelle di Marina e Sanjavier. Noto che si è creato un certo silenzio nella stanza e anche il respiro di Olga si è calmato. Non ha più l’affanno di prima, sembra più serena.
Concludo con la benedizione. Olga inizia i suoi ultimi respiri e in pochi minuti ci lascia, intanto una suora la tiene tra le braccia accarezzandole il volto e pulendole il viso. Rimango in silenzio, commosso. La suora, mentre si prende cura del corpo di Olga, mi guarda e sorridendo mi ripete diverse volte: “La stava proprio aspettando”. È proprio vero: mi stava aspettando, aspettava il sacramento, aspettava di poter salire al Padre.
Esco e prendo il cammino verso casa, sono ancora scosso: un misto di pace, gioia e gratitudine. Penso a Olga Maria, che probabilmente viveva nella miseria fino a qualche tempo fa, e a come Dio l’abbia raccolta, accolta, amata e attirata a sé fino all’ultimo respiro. Penso alla grazia immeritata che Dio mi concede di essere strumento e spettatore della sua azione nel mondo. “Ti stava proprio aspettando”. Sì, mi stava proprio aspettando. Non solo Olga, ma Dio stesso era lì che mi aspettava con il desiderio che anche io potessi partecipare e godere della sua opera.

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