Dagli incontri con le giovani coppie via Zoom a una vera e propria comunità di famiglie: una testimonianza da Torino.

Maggio 2020, siamo quasi alla fine del primo lockdown. Ho l’ennesimo incontro via Zoom: questa volta, è il turno delle giovani coppie. Ci sono una trentina di connessioni. I ragazzi si conoscono appena; non si può definirli una comunità. A parte alcune famiglie amiche, infatti, la maggior parte di loro si sono incontrati durante i corsi prematrimoniali degli ultimi due anni nella parrocchia di Santa Giulia, qui a Torino. Grazie all’impeto missionario di un paio di giovani famiglie, poi, è nato questo gruppetto di coppie che desiderano essere aiutate a vivere la fede nei primi anni di vita coniugale.
Iniziano gli interventi, che ovviamente si incentreranno sulla pandemia e su quello che ne consegue: almeno, è ciò che immagino io. E invece, primo intervento: “Volevamo dirvi che siamo in dolce attesa!”. Secondo intervento: “Che bello, anche noi aspettiamo un bimbo!”. Terzo intervento: “Beh, ci aggiungiamo anche noi alla festa: presto saremo in tre!”. E così via. Almeno dieci interventi di giovani coppie in attesa di un bambino. Miracoli da lockdown!
A distanza di un anno e mezzo, i bambini sono nati e per tutti noi è stata una benedizione. Intanto hanno reso più solidi i rapporti tra le famiglie. Molte di loro hanno deciso di comprare casa vicino ad altre coppie del gruppo; le mamme si aiutano tra loro con i figli; i papà, oltre a giocare a calcetto, si danno consigli sul lavoro. Ognuno, come può, sostiene la missione della nostra parrocchia: invitano a cena i ragazzi universitari, danno una mano alla Caritas, fanno un po’ di catechismo ai bambini, offrono testimonianze al corso prematrimoniale.
Una volta al mese, io dedico una domenica a queste giovani famiglie. Ormai il gruppo è diventato una comunità. Chi partecipa invita altri amici e la sala dove ci riunivamo è oggi troppo piccola, anche perché sono aumentati i passeggini. L’aspetto più interessante è che non tutto dipende da noi sacerdoti. Ormai interveniamo solo due o tre volte l’anno, con semplici lezioni sui temi fondamentali: il rapporto tra lavoro e affetti, il dialogo, la gestione del tempo libero, la preghiera e così via. Il resto della proposta è lasciato alle coppie. Ci sono testimonianze di sposi più avanti nel cammino e assemblee di piccoli gruppi, tenute dalle coppie da cui tutto è nato. Durante i nostri incontri, facciamo sempre un momento di silenzio e preghiera in cui marito e moglie si rimettono insieme davanti a Dio. Poi c’è la messa, con la possibilità di confessarsi, e infine, una cena nella cucina dell’oratorio, con ottimo vino offerto da una coppia che coltiva vigneti nelle Langhe. Una giornata, insomma, in cui sperimentiamo che è possibile vivere la fede.
In questi anni, abbiamo assistito al nascere di tante case. La preparazione al matrimonio, il sì definitivo davanti a Dio, l’accoglienza di una nuova vita, la scoperta della missione affidata ad ogni famiglia: assistere a tutto ciò è un grande privilegio, fonte di speranza per il futuro. Con il tempo, queste case si sono cercate, incontrate, sostenute. È il cammino della comunione: due cuori che si attraggono, una comunità che cresce e si ritrova per fare memoria di Gesù, presente e vivo, capace di dare compimento ad ogni vocazione.

 

Paolo Pietroluongo è viceparroco di Santa Giulia a Torino. Nella foto, celebra un matrimonio in parrocchia.

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