Suor Teresa Versaci ha pronunciato a Roma i voti definiti il 25 marzo 2022, nelle mani di suor Rachele Paiusco e alla presenza di mons. Massimo Camisasca. Ecco la storia della sua vocazione

“Voglio essere felice!”: è il desiderio che ha sempre vissuto nel mio cuore fin da quando ero piccola, diventando più forte con il passare degli anni e il crescere delle esperienze. Un desiderio di felicità che ha cominciato a trovare un inizio di risposta durante le estati trascorse in Calabria tra giochi, laboratori, canti e letture di testi che mi hanno introdotto al cristianesimo. Qui ho incontrato i miei primi amici santi: Alessio, il patrono del paese dove sono nati i miei genitori, don Bosco, una figura che mi ha affascinato. Guardando a lui, pensavo: “Se esisto, è perché forse anche a me verrà affidato un compito nella storia, attraverso una vita spesa e donata”. Questa certezza di preferenza non mi ha mai abbandonato.
Durante l’adolescenza, il desiderio di felicità è stato affiancato da domande altrettanto urgenti: che cosa c’entra il male? In che modo Gesù crocifisso, che ritrovo ogni domenica in chiesa, può dire qualcosa alla mia vita e al mondo? E come si rapporta al desiderio del mio cuore?
La risposta a tanta ricerca, a tanta attesa, finalmente ha iniziato a svelarsi «come un bel giorno», dice Péguy. Tutto è cominciato con un invito della vicepreside, totalmente inaspettato, ad andare in vacanza con lei. Il volantino era bellissimo: una fotografia del monte Rosa accompagnata dalla frase: «Sapessi che meraviglia, quassù! Decine di catene montuose, fino al Rosa imponente. E io con la faccia spalancata guardo e penso: l’Amico tuo è tutte queste cose». Arrivata in montagna, trovai ad aspettarmi trecento persone tra ragazzi e ragazze: vivevano le loro giornate con una intensità e con un gusto nuovi per me. Ne ero affascinata, anche se ancora non potevo immaginare la portata che quel primo incontro avrebbe avuto per la mia storia.
Durante il primo anno di università, sono stata invitata da un amico a partecipare alla testimonianza di un sacerdote della Fraternità san Carlo: aveva raccontato la bellezza di una vita spesa per gli altri, della missione, della comunione con i fratelli. In me, è subito ritornata viva l’immagine di quei primi amici santi conosciuti da bambina. Finalmente, avevo davanti agli occhi un uomo felice che mi testimoniava che era possibile vivere così. “Voglio essere felice tanto quanto lui” dissi a me stessa. “E se la strada perché questo desiderio possa realizzarsi è dire sì alla verginità, sono pronta a dirlo”. Con queste parole formulate a Dio nel mio intimo, ha iniziato a fiorire il seme che lui aveva messo nel mio cuore il giorno del battesimo.
“Esiste una cosa così al femminile?”: nessuno me ne aveva mai parlato ma sentivo che questa domanda gridava nel mio cuore e volevo consegnarla a qualcuno. Al Meeting di Rimini, ho cercato lo stand della Fraternità e mi sono rivolta al primo prete disponibile. Era un certo don Paolo Sottopietra, giovane prete trentino che mi ha accolta e ascoltata. Questo incontro è stato l’inizio di un’amicizia, di una paternità e di una sequela. Di lì a poco ho conosciuto Rachele. L’incontro con lei mi ha fatto capire che la domanda sorta nel mio cuore poteva avere una risposta concreta: stesso desiderio, stessa spinta e stesso ideale, in lei più solido e certo. È così che sono arrivata alle Missionarie, trovando la mia casa. Sei anni di formazione, ora i voti definitivi. Per qualche tempo mi fermerò nella Casa del centro, a Roma, dove mi è stato affidato il compito della segreteria generale. Sono felice di servire la mia comunità in questo modo e costruire così questo pezzo di Chiesa in cui siamo chiamate a vivere.

 

Nella foto, l’abbraccio dopo i voti temporanei (dicembre 2018).

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