La notte di Pasqua di quest’anno è stata memorabile. Negli anni precedenti, la pandemia aveva scombussolato il ritmo delle celebrazioni liturgiche che prevedevano i battesimi degli adulti durante la veglia. Quest’anno, finalmente, abbiamo ripreso la tradizione. Venti adulti hanno ricevuto il battesimo e dodici altri, già battezzati in altre confessioni cristiane, sono stati accolti nella Chiesa Cattolica e poi subito cresimate. La liturgia della veglia di Pasqua è durata quattro ore, ma non mi sono accorto del tempo che passava. A detta di don Alfonso, il parroco, non proprio di primo pelo, è stata la messa più partecipata che lui abbia mai visto. Forse per il numero record di battesimi e ammissioni alla Chiesa o forse per la cessata paura del Covid, sono venuti tantissimi parrocchiani, anche bambini, alcuni dei quali, verso la fine della celebrazione, sono crollati dal sonno.
Ognuno dei candidati al battesimo è arrivato con i suoi amici e con il suo padrino o madrina, a rappresentanza di quella che qui si chiama “piccola comunità cristiana di quartiere” (small Christian community) o del gruppo parrocchiale al quale appartengono. Con alcuni di loro è nato un rapporto di amicizia. Robert (nome di fantasia) è uno di questi. Mi era stato segnalato da suor Elena Rondelli, una delle nostre sorelle, che insegna nell’Istituto tecnico St. Kizito. Robert, suo studente, le aveva infatti espresso il desiderio di ricevere il battesimo. Vivendo però in una famiglia molto povera, non poteva pagarsi il viaggio dalla scuola alla chiesa. Siccome un altro studente di catechismo, Daniel, ora battezzato, fa di mestiere il tassista con la motocicletta (in lingua kiswahili, boda-boda driver) e mi aveva chiesto di aiutarlo a pagare le rette scolastiche del fratello, ho pensato di prendere due piccioni con una fava: chiedere a Daniel di andare a prendere e riportare Robert. Io gli avrei pagato il giusto. In questo modo mi sono anche assicurato che Daniel venisse a lezione regolarmente e puntualmente, mentre prima arrivava sempre in ritardo, a caccia dell’ultimo cliente da portare in giro, visto che la sera è l’ora di punta.
Ad ogni studente di catechismo chiedo di legarsi a un gruppo o a una comunità cristiana. A Robert ho suggerito di legarsi al gruppetto di Comunione e Liberazione della scuola St Kizito. A dicembre l’ho invitato a partecipare agli esercizi spirituali degli universitari di CL e da allora non ha perso un incontro di Scuola di Comunità. Si è perfino unito al coro. Gli ha fatto da padrino un suo compagno di classe. A suor Elena ha confessato: “Non mi sarei mai aspettato che, andando a scuola a St. Kizito, avrei incontrato la Chiesa”.
“Offri la tua vita perché questo è il dono più gradito a Dio”
Per la veglia di Pasqua uno dei catechisti aveva chiesto ad ogni candidato di portare un qualche alimento da offrire alla processione. Robert non aveva nulla da portare ed era preoccupato. Alla fine della celebrazione, verso l’una di notte, prima di andare a dormire, mi trovo un messaggio sul cellulare che dice: “Non ho nulla da offrire”. Io gli rispondo: “Offri la tua vita, perché questo è il dono più gradito a Dio”.
Mi è poi venuta in mente una canzone che dice: Cosa posso offrire al Signore per farlo contento? Dimmi, cosa offrirò al Signore? Potrei dargli i miei soldi o varie cose, ma non le accetterà. Un cuore umile, amante fino al servizio, il Signore lo amerà. Ecco, Robert non ha un becco di quattrino per spostarsi da un quartiere all’altro e neanche un pacchetto di farina da portare alla processione dell’offertorio, ma il suo cuore è ricco di amore e affetto per il Signore e di gratitudine per la Chiesa. Umile e amante, si è attaccato al Signore come nessun altro.