Che cos’è la libertà? Che cosa significa amare? Chi è Dio? Che rapporto c’è tra l’individuo e lo Stato? Queste sono le “domande perenni” a cui cerca di rispondere il corso che ho la fortuna di insegnare in una rinomata università di Città del Messico. Tra guardie del corpo che aspettano fuori dall’università, accanto alle macchine blindate che riporteranno a casa i loro protetti, e studenti disagiati con borsa di studio, tre volte alla settimana mi trovo con questi ragazzi per commentare insieme alcuni testi di Sofocle, Platone, Aristotele, Seneca, sant’Agostino, san Tommaso e Dante. La sfida è bellissima e il lavoro affascinante perché c’è da scontrarsi con i pregiudizi più comuni.

La prima cosa che impressiona è che quando si toccano quelle domande ultime l’attenzione degli studenti si acuisce ed il silenzio si carica di tensione. Quelle domande, infatti, costituiscono il nucleo del nostro essere e ritrovarle in autori antichi ci fa capire che l’uomo non è cambiato poi molto. Questa è la cosa che più ho capito in questi anni: l’educazione deve partire sempre da queste domande, perché con esse si ritrova l’umano, così come Dio l’ha creato.

Ricordo che una mattina, prima di incominciare la lezione, mi si è avvicinata una studentessa. All’inizio era incerta se parlarmi o meno. Poi mi ha detto: «Professore, volevo dirle che io mi ero allontanata dalla Chiesa». Pensava che tutto si riducesse a regole e precetti. Anche un’esperienza negativa fatta da suo padre aveva influito su lei. «Dopo aver letto assieme sant’Agostino mi sono resa conto della grandezza del cristianesimo». Questo è stato un vero miracolo. Ho capito così che i ragazzi cercano in me una risposta positiva a quelle domande. Ed io comunico loro una certezza non solo attraverso le parole, ma attraverso il mio atteggiamento di fronte alla vita e a loro.