Dieci anni fa, all’inizio del mio cammino di vocazione, quando sono andato per la prima volta a Città del Messico per visitare il seminario della Fraternità, sapevo che non sarei potuto entrare perché avevo dei problemi con la famiglia: vivevo solo con mia mamma, non potevo lasciarla.
Dopo un paio di giorni, il rettore Julián de La Morena mi porta a visitare il santuario della Madonna di Guadalupe. Mentre ci avviciniamo, percorrendo un lungo viale alberato, cerco le parole per dirgli che non posso entrare in seminario. Improvvisamente, mi dice: «Bene, Patricio, ora devi decidere. Sei dei nostri?». Mentre lui parla, mi sorprende una scritta che compare sul santuario: «Figlio mio, tu che sei il più bello, perché hai paura? Non sono la tua mamma?». Sono le parole che la Madonna ha rivolto a Juan Diego, in quello stesso luogo, alcuni secoli fa. Mentre le leggo, rispondo di getto: «Sì, vengo con voi».
Da quel momento, la mia vita è cambiata completamente. Tornato in Cile, ho subito comunicato la notizia a mia madre e ai miei amici del Movimento. La loro reazione mi ha davvero commosso. Un istante dopo avergli raccontato della mia vocazione e delle mie preoccupazioni, mi hanno risposto: «A tua madre ci pensiamo noi». Gli eventi e i segni che si sono succeduti poi, mi hanno confermato che realmente Dio ha pensato a me e ai miei amici, che si prende cura della mamma! Oggi, per questa carità ricevuta, lei vive della loro amicizia e io sono potuto andare in missione.
La mia vita è segnata da tanti episodi pieni di significato come questo. Ero lontanissimo dalla Chiesa, eppure Dio è venuto a cercarmi, infimo come sono, e mi ha voluto perché fossi io a celebrare la messa, a prenderLo tra le mani, a dire: «Il Corpo di Cristo». Da quel giorno a Guadalupe, ho fatto tanti viaggi, passando in poco tempo attraverso cinque Paesi diversi: ho vissuto tre anni in Messico, quindi tre anni a Roma per il seminario, sono tornato in Messico per la missione, poi negli Stati Uniti, di nuovo in Cile e ora a Madrid! Ho affrontato tante difficoltà e ho scoperto che a Dio piace nascondersi negli ostacoli che incontro sulla strada, nelle differenze dei fratelli con cui vivo, nelle obiezioni delle persone che tutti i giorni ritrovo. E questo, secondo me, è il cuore del Natale: Lui si avvicina a noi ma rimane comunque un’altra cosa. E noi possiamo vivere di questa differenza, perché percepiamo che Dio si manifesta con un volto d’uomo e che quel volto rimane un mistero. Questa diversità è lo spazio che Lui ci dona perché possiamo dire un sì libero e diventare sempre più suoi.