Mai in vita mia avrei pensato di fare mercatini. Eppure è quasi un decennio che ne faccio due all’anno con un gruppo di amiche, sempre più numeroso. Nel 2014 una di loro, Mariri, riceve un lascito di molti oggetti di valore. Conoscendo la mia sintonia con la Fraternità San Carlo, di cui fa parte anche mio fratello don Sandro, mi propone di organizzare una vendita a sostegno di questa realtà missionaria. Avevamo oggetti e destinatari, occorreva a quel punto chi si appassionasse all’idea ed ecco Annamaria, passionaria doc e, per consulenze d’antiquariato, Liliana.
Ma dove tenere questa vendita? Franci riesce a ottenere gli spazi dalla sua parrocchia e così iniziamo; da subito si uniscono a noi Renata, Carlina e Francesca, mamme di sacerdoti e seminaristi. E poi, per aggregazioni successive, ancora altre persone che diventano amiche e si crea quel gruppo che oggi a buon diritto chiamiamo “Le amiche del mercatino”.
Da allora si sono svolti due mercatini all’anno – primavera e autunno – con i quali sono state sostenute missioni in Italia, Siberia, Kenya, Cile e Paraguay, contribuendo all’inserimento nella società di giovani carcerati, alla costruzione di una piccola chiesa, di una maternità, all’acquisto di attrezzature per ospedali, al funzionamento di mense per i poveri e al supporto delle case della Fraternità Sacerdotale San Carlo Borromeo.
Fondata da don Massimo Camisasca nel 1985, la Fraternità ha la sede principale a Roma, è presente in diciassette Paesi e conta circa centocinquanta sacerdoti e venti seminaristi. L’opera si è diffusa in Italia e nel mondo attraverso la presenza di case in cui tre o più sacerdoti abitano insieme, vivono in comunione tra loro, condividendo e accompagnando l’esistenza e i bisogni delle comunità locali spesso in condizioni assai dure di privazione. Nella casa di Milano sono in cinque e condividono l’impegno verso i malati del vicino ospedale e verso i giovani del quartiere. Tra loro don Jacques du Plouy, parroco di San Carlo alla Ca’ Granda, sostiene con particolare simpatia l’esperienza del mercatino.
La vivacità di questa realtà missionaria e la grande stima da cui è circondata ha fatto sì che, esaurita l’eredità della zia di Mariri, si generasse una catena di donazioni che ci ha “obbligato” a proseguire. Negli anni l’esperienza del dono è stata dirompente, siamo cresciute nella sproporzione tra ciò che ci era donato (dall’abito firmato all’argento, dall’oggetto di cucina alla borsa vintage, dal giocattolo inutilizzato al gioiello) e il nulla che davamo in cambio, solo un grazie, al più una copia di Fraternità e Missione, il mensile che racconta la vita dei missionari.
Negli anni l’esperienza del dono è stata dirompente, siamo cresciute nella sproporzione tra ciò che ci era donato e il nulla che davamo in cambio.
Tanti sono stati nel tempo gli incontri significativi, da cui sono nate conoscenze e anche amicizie, proprio nella consapevolezza che il mercatino non è soltanto mirato a “vendere”, quanto piuttosto a condividere, seppure in minima parte, il gesto missionario. Ovviamente le difficoltà non sono mancate e l’impresa forse più complessa è legata al reperimento dei luoghi dove organizzare i nostri mercatini; i siamo imbattute in rifiuti e ospitalità, realtà ecclesiali interessanti e deludenti.
Alle Benedettine che ci accolgono ora, e non per la prima volta, dobbiamo gratitudine per la loro gioiosa e contagiosa freschezza; don Vittorio, parroco di San Vittore, dove faremo il mercatino d’autunno, ci ha già in passato sostenuto con generosa e intelligente convinzione. Ma i luoghi faticosi da trovare sono anche quelli dove riporre gli oggetti che hanno ingombrato le nostre case, nei soggiorni, nelle camere, in box e cantine, fino a che congiunti pazienti e spazientiti, collaboranti e infastiditi ci hanno spinto a cercare un box/mini magazzino dedicato in esclusiva al mercatino. Nelle emergenze poi si sono affiancati gli spazi temporanei che Mariolina, Flavia e ora Marialuisa hanno messo a disposizione.
Non posso tuttavia non ricordare il nostro allegro radunarci, l’operosità nei mesi che precedono i giorni di vendita, la collaborazione nei preparativi, la condivisione di momenti liturgici come pure la segnalazione di incontri significativi. Incontri culturali ma anche con chi dona e chi acquista (entrambi fondamentali), il coinvolgersi di persone affezionate alla San Carlo o di altre che non avevano la più vaga idea della sua esistenza.
Tante realtà missionarie della San Carlo ci sono divenute familiari con nomi e volti precisi, fino a condividere momenti della loro e nostra vita, con esiti a volte inaspettati: così, quando abbiamo sostenuto la costruzione della chiesina di Bredsk in Siberia, mi sono ritrovata a collaborare per la sua tesi di dottorato in filosofia con don Alfredo, che è lì da tempo in missione.
Il mercatino negli anni è cresciuto sempre di più, nella partecipazione di persone che lo preparano, che donano e che acquistano e dunque anche nel suo fatturato economico. Poiché tutto ciò che è in vendita è donato, tutto è integralmente destinato alle missioni, salvo l’offerta che liberamente desideriamo fare a chi ci ospita, nonostante non sia richiesta.
Ma insomma chi viene al mercatino (e conviene!) cosa trova? Intanto e in generale ottimi affari, oggetti di valore a prezzi “stracciati”, occasioni per sé e per regali originali. In particolare: casalinghi, oggettistica, piccolo antiquariato, borse, foulard (anche i mitici Hermès), accessori, abbigliamento nuovo fatto a mano e usato molto selezionato, magari anche firmato, bigiotteria, telerie, tovagliati di fiandra e lenzuola di lino, giocattoli e libri per bambini, libri di narrativa recente, dipinti, stampe, creme, profumi e anche vini, non mancano argenteria e oreficeria. Come dice il volantino, “cose belle, curiosità, vere occasioni”. Trova inoltre tanti amici dei missionari e, se arriva al momento giusto, anche qualche seminarista o missionario in carne e ossa. E poi naturalmente, noi, le amiche del mercatino.